Rinascita Scott: L'avvocato Barillaro: "Inutilizzabili le intercettazioni con il mio cliente Bonavota"

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images Rinascita Scott: L'avvocato Barillaro: "Inutilizzabili le intercettazioni con il mio cliente Bonavota"

  23 gennaio 2021 08:57

di EDOARDO CORASANITI 

"Quelle intercettazioni con il mio cliente, Pasquale Bonavota,  sono inutilizzabili". L'avvocato Tiziana Barillaro lo dice ieri nell'aula bunker di Lamezia Terme dove si sta celebrando "Rinascita-Scott", il maxi processo contro le cosche del Vibonese con 330 imputati. Sulla richiesta il collegio composto dalle giudici Cavasino, Romano e Caputo si è riservato, così come lo ha fatto sull’eccezione di incompatibilità territoriale presentata dall’avvocato Francesco Sabatino (LEGGI QUI). 

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Il Tribunale, dopo la replica del pubblico ministero, si è riservato sulle questioni preliminari e darà lettura della relativa ordinanza all'udienza di lunedì.

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Ieri la quarta udienza dal 13 gennaio, giorno dello start del processo. E dopo le prime udienze dedicate alla riunione dei procedimenti in un unico filone e alla costituzione delle parti civili, si inizia ad entrare nel vivo. Tra gli argomenti principali posti sul tavolo c’è una questione che attiene alle garanzie della difesa, bene prezioso tutelato dalla Costituzione e pilastro di un Paese democratico e civile: secondo quanto argomentato dall’avvocato Barillaro, le sue conversazioni con un suo cliente sono finite nel materiale di indagine: nonostante il decreto de Gup Paris che le ha fatte eliminare, le trascrizioni sono andate a finire nella proroga dei decreti di intercettazione: ”All’udienza preliminare del 12 settembre, celebrata dinanzi al Gup Claudio Paris, sollevavo una questione riguardante le intercettazioni, ed in particolar modo la violazione dell’art. 103, comma 5, c.p.p., laddove risultavano captate, prima, e trascritte, dopo, le intercettazioni intervenute tra Pasquale Bonavota ed il suo difensore, cioè la sottoscritta, aventi chiaramente ad oggetto questioni e strategie squisitamente processuali. Non serve ribadire in questa sede l’assenza dei presupposti che consentirebbero il superamento del suddetto divieto - e cioè l’iscrizione a notizie di reato del professionista e la natura non professionale dei dialoghi - poiché la questione , nel punto specifico, è stata superata dal provvedimento assunto dal GUP Paris, nel corso della cd. udienza stralcio, laddove egli ha stabilito che si trascrivessero tutte le intercettazioni richieste dall’Ufficio di Procura, ad eccezione di quelle di cui alla RIT 942/2016 intervenute tra l’avvocato Tiziana Barillaro e il proprio assistito Bonavota Pasquale”, afferma il legale riferendosi alle captazioni con il suo cliente, attualmente latitante. 

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“Sino a questo punto, pertanto, sembrerebbe risolto il problema, che, senza esagerare, presentava accento di estrema gravità, venutosi a creare con la “svista” perpetrata dalla Polizia Giudiziaria nel momento in cui, allo squillare del telefono di Pasquale Bonavota , che chiamava il difensore, anziché mettere giù - come avrebbe dovuto fare - ascoltava e trascriveva. Se si fosse fermata qui la questione, pur nella sua inammissibilità, avrebbe potuto incontrare la mia umana comprensione: una svista imperdonabile, ma pur sempre ascrivibile senza dubbi particolari o sospetti sul dolo dell’azione, diciamo così, all’alveo della semplice svista, appunto.
Il problema, cioè ciò che aggrava - e di molto - la situazione, è che la vicenda non si è chiusa a questo punto.

E questo va detto, perché non si ritrova nella decisione del Dott. Paris, che si è fermato uno step prima, lasciando a Voi la palla.
Va detto perché descrive esattamente, a mio avviso, uno di quegli errori che non dovrebbero compiersi mai: quella di cui vi parlerò non è una svista, ma l’eccidio di una garanzia costituzionalmente protetta, l’emblema di un sistema in cui si ritiene, oramai, che il fine giustifichi i mezzi e che calpestare un ministero sacrosanto, che è quello esercitato da chi indossa la toga in difesa dei diritti degli individui, sia un semplice danno collaterale. Ebbene, le intercettazioni di cui sopra, quelle che non dovevano essere trascritte, secondo quanto disposto dal GUP, quelle che non dovevano neanche essere ascoltate, sono confluite in una richiesta di proroga del servizio di intercettazione sull’utenza in uso a Bonavota Pasquale”, continua l’avvocato Barillaro.

“Il contenuto di quei dialoghi, secondo il ragionamento seguito dalla Polizia giudiziaria, sarebbe stato utile non in quanto si parlasse di argomenti oggetto di interesse investigativo, ma in quanto - e Vi prego di seguirmi - siccome Bonavota Pasquale non aveva contatti con nessuno, tanto meno con i parenti prossimi, e, dunque, non era dato comprendere come fosse possibile che egli era capo senza che vi fosse traccia di alcuna interazione con i suoi correi, allora poteva essere utile ascoltare cosa si diceva col difensore per telefono, poiché, mentre discutevano di strategie processuali, poteva sfuggire al Bonavota qualcosa sui suoi contatti con il Mantella o sulla sua conoscenza del collaboratore/correo.
Non serve commento.
Il problema - o almeno quello che io identifico come tale - è che questo ragionamento, questa logica, questa palese e arrogante sconoscenza delle norme, delle garanzie, del giardino proibito, di quello spazio in cui nessuno può entrare (al pari di ciò che accade per il libero convincimento del giudice!) è sfuggito all’occhio di chi ha ratificato il tutto disponendo la proroga. Ed allora cosa succede, adesso? Quali sono le conseguenze immediate di quanto accaduto?
Non parlo di quelle che di pancia mi verrebbe da indicare, ma di qualcosa di più asetticamente tecnico. Ebbene, una proroga autorizzata facendo leva su captazioni che devono considerarsi tamquam non esset è priva della sua parte motiva, priva della struttura che dovrebbe sorreggerla.
Dunque, inevitabile ritengo sia che si prenda atto e si dichiari l’inutilizzabilità delle intercettazioni disposte ed eseguite facendo leva su quel decreto. Nonchè sulle ulteriori proroghe successive ad esso, per l’ovvia considerazione secondo cui l’effetto dell’inutilizzabilità del primo, inevitabilmente travolge tutti quelli che da esso derivano”, conclude l’avvocato Barillaro.

Si associa alla richiesta anche il noto penalista Armando Veneto, tra i difensori dell’ex sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo, in carcere per circa sei mesi e poi scarcerato dalla Cassazione.

I due pm presenti in aula, Annamaria Frustaci e Antonio De Bennardo, hanno replicato sostenuto che si tratta di un grave errore aver riportato quelle intercettazioni e che devono essere dichiarate inutilizzabili, facendo salvo però il resto del materiale intercettivo.

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