“La storia di Giorgio Naselli è quella di un uomo che, come purtroppo spesso accade in Italia, ha subito un torto intollerabile nella società civile del secondo millennio: l'ingiusta privazione della sua libertà. Il colonnello, sebbene finalmente libero, ha ancora oggi impresso sul suo volto la rabbia, il dolore, la mortificazione di padre e di militare".
Lo sfogo è di Giuseppe Fonte, legale di fiducia del colonnello Giorgio Naselli, arrestato il 19 dicembre nell'operazione "Rinascita Scott".
A Teramo l'orologio segna le quattro del mattino quando i carabinieri bussano alla porta di casa del colonnello Giorgio Naselli: un ordine di arresto. Il suo alloggio di servizio, con moglie e quattro figli, era ubicato all'interno della caserma dei carabinieri di Teramo dove il colonnello aveva esercitato le funzioni di militare in servizio fino a pochi mesi prima dell'arresto. Da pochi mesi era stato trasferito, di punto in bianco, presso altro ufficio con sede a Roma. Viene subito tradotto presso il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, dove inizia un calvario cautelare durato, tra carcere ed arresti domiciliari, fino al 17 luglio 2020 data in cui, la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dai suoi legali di fiducia, annulla senza rinvio tutte le accuse elevate a carico dell'indagato ordinando, in quanto illegittima la custodia cautelare, l'immediata liberazione di Naselli (LEGGI QUI).
"Per esperienza professionale dico che, per poter essere cancellata dalla mente l'ingiustizia di una detenzione subita, è necessario un tempo certamente lungo finalizzato all'accettazione razionale che, nella vita di un uomo, tutto questo possa anche accadere. Ancora oggi, a distanza di oltre un mese dalla sua liberazione, Giorgio Naselli è alla ricerca di un ritorno ad una vita normale. I processi sui fatti accaduti si fanno nei Tribunali. Fuori da essi possono soltanto esprimersi opinioni su temi generali della vita e del diritto. Sul merito del processo al colonnello Naselli mi astengo dal riferire - conclude Fonte riassumendo la vicenda -. Mi preme evidenziare: un problema grave ed impellente che dovrà essere affrontato nell'immediato futuro del nostro paese, che è quello di obbligare le parti del processo, avvocati e pubblici ministeri, a rispettare il diritto. Innanzi alle sentenze dei giudici si ha il dovere, culturale ancorchè giuridico, di chinare il capo. Senza inutili ostinazioni”.
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