di EDOARDO CORASANITI
Rocco Delfino ha chiesto la revisione dell’interdittiva antimafia emessa nei confronti della sua ditta lo scorso gennaio.
Delfino, 58 anni, nel processo penale difeso dagli avvocati Guido Contestabile e Mirna Raschi, è indagato nell’ambito della maxi operazione denominata “Rinascita Scott”. Il 19 dicembre finisce in carcere con l'accusa di rivelazione di segreti d’ufficio, abuso d'ufficio e intestazione fittizia di beni. A maggio il Tdl sostituisce la misura cautelare con gli arresti domiciliari. A luglio invece la Corte di Cassazione annulla senza rinvio per abuso d’ufficio e rivelazione di segreto istruttorio; e con rinvio al Tdl sulle esigenze cautelari in relazione all’unico reato di intestazione fittizia di beni. Prima dell'intervento del Tribunale della Libertà, però, i suoi legali presentano istanza al Gip per chiedere la revoca della misura, in quanto i termini di custodia per il solo reato di intestazione fittizia erano scaduti. Così è: dal 22 luglio Rocco Delfino è indagato a piede libero, senza alcune misura restrittiva.
Ora ad incaricarsi della richiesta avanzata nei confronti del prefetto di Catanzaro è l’avvocato Giulio Calabretta, che sottolinea: “Rocco Delfino è stanco di considerato un soggetto associato ad un clan mafioso/’ndranghetistico dei Piromalli/Molè per come escluso definitivamente con la Sentenza della Corte di Appello del 2007”.
Inoltre, ricorda il legale, “Delfino è stato risarcito per ingiusta detenzione come attestato nell’ordinanza della Corte di Appello di Catanzaro con un importo pari a 165 mila euro”. E in più, in passato ad essere revocata è stata anche la misura di sorveglianza speciale. In definitiva: Rocco Delfino è attualmente incensurato.
L’avvocato Calabretta ricorda anche come a novembre 2019 il Tar di Reggio Calabria avesse già accolto un ricorso in riferimento ad una interdittiva del prefetto della città dello stretto, condannando il silenzio assenso e la mancata adozione di provvedimenti di revoca. Dalla lettura della sentenza, dunque, emergerebbe che nei confronti dell’Imprenditore Delfino Rocco non aveva -dopo il mese di gennaio del 2018 - “motivi ostativi tali da indurre Il prefetto ad emettere una nota interdittiva a suoi danni”.
Passaggio decisivo e inevitabile quello riferito a "Rinascita Scott". .
Secondo l'avvocato difensore, la Dda deve "prendere atto che i Magistrati giudicanti – stando alla Costituzione Italiana – sono i soli che hanno il potere giuridico di stabilire l’innocenza o meno di un incolpato e che fino a prova del contrario le loro Sentenze assolutorie hanno pari valore giuridico rispetto a quanto afferma o scrive un qualsiasi altro Magistrato Italiano e che l’assoluzione che diventa giudicato, supera ogni accusa formulata al termine di una indagine e all’inizio di un processo. Di ciò si deve prende atto con imparzialità e obbiettività se non altro per non offendere la dignità dei Magistrati giudicanti e anche perché non solo l’Imprenditore Delfino è stato assolto dall’infamante accusa di appartenere a una cosca già nel lontano anno 2007, ma perché anche in “Rinascita Scott” la Cassazione in fase di impugnazione dell’ordinanza cautelare firmata dal GIP di Catanzaro ha nuovamente posto la parola fine ai legami ‘ndranghetistici con l’annullamento dei due capi d’imputazione in cui a Delfino Rocco veniva attribuita l’aggravante mafiosa di cui all’art. 416 bis numero 1 del codice penale. E siamo a due pronunce della Suprema Corte di Cassazione. Dunque non solo la Suprema Corte ha annullato senza rinvio i precitati capi, ma ha annullato con rinvio l’ordinanza del GIP sulle esigenze cautelari. In conclusione, anche questa volta l’Imprenditore Delfino non poteva e non doveva essere arrestato. Rimane, in Rinascita Scott, solo una generica accusa di intestazione fittizia senza che l’Imprenditore sia però un affiliato in nessun senso con ambienti malavitosi. Per tale ultimo reato non mancherà di chiarire la contraddittorietà e l’inconsistenza dell’accusa stessa, se non altro perché non risponde a verità che l’Imprenditore Delfino avesse bisogno di terze persone per svolgere l’attività Imprenditoriale dato, questo, da solo smentito proprio dall’Interdittiva 4111 del 15/01/2020 notificata alla RD di Rocco Deflino e dalla Sentenza del Tar di Reggio Calabria 720/2019. In conclusione, allo stato attuale, il Codice Antimafia non ostacola la revisione antimafia non essendovi una sentenza di condanna anche non definitiva (art. 84 del Codice Antimafia)".
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