Riordino rete ospedaliera. Aaroi Emac: "Nella distribuzione dei posti di Terapia Intensiva non si è tenuto conto dei residenti. E come si colma il gap di anestesisti?"

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images Riordino rete ospedaliera. Aaroi Emac: "Nella distribuzione dei posti di Terapia Intensiva non si è tenuto conto dei residenti. E come si colma il gap di anestesisti?"
Domenico Minniti (Aaroi Emac)

Il presidente regionale del sindacato degli anestesisti rianimatori s'interroga su alcune disfunzioni del Dl 34, sostenendo l'inutilità dei posti di semi-intensiva (meglio intensive postoperatorie) e commentando l'applicazione dello stesso in Calabria alla luce del recente piano approvato dalla struttura commissariale

  22 giugno 2020 10:57

"Il soddisfacimento di tutti i bisogni di salute degli italiani, inclusi quelli delle zone fortunatamente poco interessate dall’epidemia Covid-19, è rimasto letteralmente ingessato a causa del virus. Forse un giorno l’ISTAT ci dirà che il danno collaterale sarà stato ancor più devastante di quello provocato dal temibile microrganismo. L’epidemia ha mostrato un Servizio Sanitario Nazionale incapace di far fronte ad una, seppur eccezionale, catastrofe sanitaria.  Ciò nonostante tutto continua a ruotare attorno al SARS Cov-2 e ci si appresta ad investire risorse per fronteggiare una ripresa, probabilmente comunque non equiparabile per intensità, alla sua prima fase". Esordisce così il presidente regionale dell'Aaroi Emac, Domenico Minniti.

"Forti dell’esperienza trascorsa ed analizzate le criticità del nostro Sistema Sanitario sarebbe però forse opportuno potenziare l’offerta sanitaria, rendendola versatile su più fronti e non solo su quello epidemico. Nel Decreto Legge 34 che dà il là alla riorganizzazione dei vari servizi sanitari regionali ci sono alcuni punti che sarebbe necessario chiarire. L’incremento di 3500 Posti Letto (PL) di terapia intensiva - scrive Minniti- sembrerebbe difficilmente realizzabile, date le croniche carenze di Medici Anestesisti Rianimatori. Ed anche l’incremento di 2500 posti nelle scuole di specializzazione, spalmati peraltro su tutte le discipline, avrà un riscontro utile, a normativa vigente, tra non prima di tre anni, ovviamente facendo i conti con l’incipiente gobba pensionistica a carico anche dei medici anestesisti rianimatori. Non si deve dimenticare, infatti, che l’età media dei medici ospedalieri è alta, a causa del blocco del turn over degli ultimi anni".

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"L’incremento dei PL nelle terapie sub-intensive “rapidamente convertibili in posti di terapia intensiva” - sostiene il sindacato degli anestesisti rianimatori ospedalieri-, non sembra poi francamente utile per due ordini di motivi. Innanzitutto a causa del mancato utilizzo delle attrezzature specifiche per l’alta intensità di cure. Queste, rischierebbero così di diventare ben presto obsolete senza che ne fossero stati ammortizzati i costi. E a quel punto probabilmente inservibili nel momento di loro reale necessità. Il secondo motivo è invece legato al personale sanitario ivi operante: non svilupperebbe infatti quelle abilità, competenze e conoscenze, peculiari delle sole terapie intensive, che sarebbero poi improvvisamente e perentoriamente richieste all’esordio della maxi-emergenza. La scelta strategica corretta sarebbe probabilmente, invece, l’implementazione o, laddove già esistenti, l’incremento dei posti letto delle terapie intensive postoperatorie. Di quei reparti cioè, ad alta intensità di cure, che garantiscono un’assistenza intensiva post chirurgica nei pazienti che, a causa delle loro condizioni cliniche o per l’invasività dell’intervento, sono da considerare ad alto rischio di complicanze peri-operatorie. Lì le attrezzature sarebbero quotidianamente utilizzate in maniera congrua e produttiva, migliorando la qualità e la sicurezza dell’offerta sanitaria. E sarebbero pronte, assieme al personale sanitario, così già rodato alle alte intensità di cure, da essere immediatamente operative. Anche in virtù del fatto, come già accaduto per il Covid-19 che, con il blocco dell’attività chirurgica di routine, il turn over dei PL sarebbe praticamente immediato".

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"E la Calabria? Qui l’epidemia può, o meglio deve, essere colta come un’opportunità per (tentare di) sanare un ritardo anche nel numero dei PL delle terapie intensive che ll Ministero si ostina a dire essere, dalle nostre parti, 146. E la struttura commissariale - prosegue Minniti-, che dello stesso Ministero è emanazione, imperterrita, gli fa da eco. Abbiamo ho ri-censito i PL di terapia intensiva in Calabria e, quelli pre Covid-19, continuano ad essere sempre ed inesorabilmente 107. Poco male, se c’è l’intenzione di migliorare. Partiamo dunque da 0,5 posti per mille abitanti (n°107) e dobbiamo arrivare a 1,4 (n°271). A seguire una tabella riassuntiva dei punti di partenza, arrivo e delle differenze rispetto al dettato del DL 34/2020:

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Prov.

Abitanti

(2018)

PL necessari ex DL 34/2020 (14*100000 ab)

Posti Letto attuali

Incremento PL

ex DCA 91/20

Tot.

Diff.

CS

705.753

98

29

52

77

-21

RC

548.009

76

34

34

68

-8

CZ

358.316

50

34

39

71

+21

KR

174.980

24

4

3

7

-17

VV

160.073

22

6

6

12

-10

Tot.

1.947.131

271

107

144

251

-20

 

"La prima curiosità da soddisfare sarebbe quella di far comprendere secondo quale metodologia siano stati distribuiti i PL, negli anni passati nelle varie provincie e, soprattutto, secondo quale criterio avverrebbe adesso l’incremento, atteso che non pare si tenga conto della popolazione residente, come invece detta il Decreto Legge 34/2020. Con un delta, tanto per fare un esempio, di 42 posti letto tra le provincie di Catanzaro e Cosenza, e con la popolazione della seconda che è quasi il doppio della prima".

LEGGI QUI I DETTAGLI DEL PROGRAMMA OPERATIVO ANTI-COVID ELABORATO DALLA REGIONE

"E l’altra curiosità è ovviamente legata al personale - prosegue l'Aaroi Emac-, in particolare ai medici anestesisti rianimatori relativamente ai quali, già ben prima dell’inizio dell’epidemia, la nostra Associazione segnalava l’insufficiente presenza in Calabria. Stimavamo infatti la carenza di un centinaio di medici anestesisti, numero necessario per colmare quel gap nell’offerta chirurgica della regione, responsabile di buona parte della migrazione sanitaria e delle conseguenti ricadute economico finanziarie sul bilancio regionale. Come si pensa dunque di arruolare questi professionisti, atteso che spesso i concorsi nella nostra disciplina vanno semi-deserti (oltre che, al momento, per i Pl aggiuntivi sono offerti contratti a tempo determinato, ndr)? E perché si temporeggia ancora nell’incrementare, con risorse aggiuntive regionali, il numero di posti nella scuola di specializzazione in Anestesia e Rianimazione dell’Università Magna Grecia? Il numero, già insufficiente lo scorso anno accademico, lo è diventato ancor di più con l’accorpamento della Scuola di Specializzazione dell’Università di Catania".

"Ed ancora un’altra criticità, questa tutta calabrese: una buona parte delle Unità Operative che afferiscono alla rete dell’Emergenza Urgenza sono da anni prive dei direttori responsabili. È il caso, ad esempio delle Terapie Intensive di Locri, Polistena, Catanzaro, Corigliano-Rossano, Castrovillari, Crotone. Più della metà delle undici terapie intensive della Calabria, per intenderci. Ma anche le centrali Operative 118 di Reggio Calabria, quest’ultima incredibilmente priva di “primario” da oltre otto anni e di Catanzaro. O di diversi Pronto Soccorso. Ed in alcuni casi queste Unità Operative sono affidate a dirigenti privi dei richiesti requisiti normativi. Insomma, una rete dell’Emergenza spesso acefala nelle sue articolazioni fondamentali, con buona pace della Clinical Governance. Tutte Unità Operative in attesa di un concorso, spesso anche già bandito, ma che si trascina da anni a causa dell’indolente lungaggine burocratica di più di un’Amministrazione aziendale. Una situazione sconfortante. Alla faccia dell’articolo 32 della nostra Carta Costituzionale, alla faccia dei calabresi che pagano profumatamente per un servizio scadente e ringraziando sempre il SARS COV-2, il quale avrà pensato che sfondare dalle nostre parti sarebbe stato poco etico anche per un virus. Sarebbe stato infatti come sparare sulla Croce Rossa. Ed allora - conclude Minniti- avrà preferito evitarci".

 

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