I fatti parlano chiaro, al di là di ogni comunicato autoassolutorio.
ATERP, dopo le diffide del Codacons, è stata costretta a riconoscere ufficialmente gravi errori negli avvisi di pagamento, disponendo annullamenti e rettifiche che smascherano una gestione approssimativa e pericolosa della riscossione.
Importi non dovuti, periodi sbagliati, ricostruzioni arbitrarie: i dati trasmessi a SOGET NON sono stati adeguatamente controllati. E solo quando l’errore emerge, l’Ente tenta di “ricondurre” le pretese ad annualità ancora più lontane, ormai prescritte.
Il risultato non cambia: si chiede denaro che non spetta, e lo si chiede a cittadini anziani, fragili, soli.
"Qui sta il punto più grave. La riscossione non può trasformarsi in una macelleria sociale - sostiene Francesco Di Lieto - in cui si inviano avvisi a pioggia senza verifiche, sparando nel mucchio e confidando che qualcuno paghi per paura, per stanchezza, o perché non riesce più a trovare una ricevuta di anni prima. Questo non è rigore amministrativo: è pressione burocratica esercitata sui più deboli, che finisce per selezionare le vittime non in base a ciò che è dovuto, ma in base a chi è meno in grado di difendersi".
L’intervento della Regione.
"La gravità della situazione è tale che anche la Regione Calabria, nell’esercizio delle proprie funzioni di vigilanza, ha chiesto chiarimenti ad ATERP, sollecitando un riscontro puntuale sulle vicende segnalate dal Codacons.
Un passaggio tutt’altro che formale, che conferma come non siamo di fronte a episodi isolati, ma a una criticità strutturale che ha assunto rilievo pubblico e politico. Questa non è amministrazione pubblica: è una forma di violenza burocratica, che scarica sui cittadini il costo dell’inefficienza e degli errori di chi gestisce il patrimonio collettivo.
Un Ente pubblico non può trasformare il diritto alla casa in una minaccia - prosegue Di Lieto - né usare la riscossione come una leva cieca per far quadrare i conti. Il rischio amministrativo non può ricadere sui cittadini.
Per queste ragioni il Codacons insiste nel chiedere la sospensione immediata di tutte le procedure di recupero, fino a quando non sarà effettuata una verifica completa, seria e trasparente di ogni singola posizione debitoria.
Prima si controlla. Poi, solo se dovuto, si chiede. Non il contrario.
Proseguire oggi, dopo che l’Ente ha riconosciuto errori, significa perseverare nell’ingiustizia e aggravare un danno sociale già evidente.
Le eventuali responsabilità, anche sotto il profilo del danno erariale, saranno valutate dalle autorità competenti, a partire dalla Corte dei Conti, già investita della vicenda".
"Ma continuare a colpire nel mucchio, senza verifiche, confidando che qualcuno paghi perché non ha la forza di difendersi, non ha nulla a che vedere con l’amministrazione pubblica. È il modo più semplice per scaricare sugli ultimi il peso dell’inefficienza, degli errori e delle responsabilità di chi dovrebbe tutelare il patrimonio collettivo. I cittadini non sono sudditi da intimidire; non sono numeri da spostare su un foglio di bilancio; non sono carne da riscossione. Il patrimonio pubblico appartiene alla comunità, non a chi lo gestisce temporaneamente. E chi ha il potere di minacciare un pignoramento ha anche il dovere di ricordare che dietro quei fogli ci sono persone, famiglie, fragilità. Dimenticarlo non è un errore: è una precisa scelta politica".
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