di RITA TULELLI*
Libero Grassi, imprenditore palermitano, veniva assassinato in pieno giorno in via Alfieri, nella sua città natale. La sua colpa? Essere stato uno dei primi, e più coraggiosi, a denunciare pubblicamente il racket delle estorsioni mafiose, rifiutandosi di piegarsi al sistema del pizzo che aveva avviluppato la Sicilia e buona parte dell’Italia meridionale.
Grassi, proprietario dell’azienda tessile Sigma, rappresentava un’eccezione in un contesto sociale in cui il silenzio era spesso imposto dalla paura. In una lettera aperta pubblicata sul quotidiano Il Giornale di Sicilia nel gennaio 1991, Grassi sfidò apertamente Cosa Nostra, dichiarando che non avrebbe più pagato per essere lasciato in pace: "Io non pago il pizzo. E vorrei che tutti i commercianti facessero lo stesso". Queste parole, per quanto semplici, rappresentavano un atto rivoluzionario in un contesto in cui la complicità forzata dei cittadini contribuiva a mantenere in piedi l’intero sistema mafioso.
Nonostante le minacce ricevute e l'isolamento subito, sia da parte del mondo imprenditoriale che dalle istituzioni, Grassi rimase fermo nella sua decisione. La mafia rispose con la violenza, uccidendo Grassi in un agguato a pochi passi dalla sua abitazione. Tuttavia, la sua morte non segnò la fine della sua lotta. Anzi, il sacrificio di Libero Grassi divenne un simbolo potente della resistenza civile contro la mafia, un esempio che avrebbe ispirato molti altri a seguire la sua strada.
Il caso di Libero Grassi ha posto in luce non solo la brutalità della mafia, ma anche la fondamentale importanza dei testimoni di giustizia. In Italia, questi uomini e donne rappresentano una risorsa essenziale nella lotta contro il crimine organizzato. Essi sono coloro che, spesso a costo della propria sicurezza e tranquillità, decidono di rompere il muro di omertà e collaborare con le autorità per smantellare le reti criminali.
Il coraggio di testimoni come Grassi, e di molti altri dopo di lui, ha permesso alla giustizia di fare significativi passi avanti nella lotta alla mafia. Tuttavia, la strada è ancora lunga e impervia. Troppo spesso, infatti, i testimoni di giustizia sono stati lasciati soli dalle istituzioni, privati del necessario supporto logistico, economico e psicologico. In alcuni casi, ciò ha portato a tragiche conseguenze, con testimoni costretti a vivere sotto protezione per anni, lontani dalle proprie famiglie e dalla propria vita.
È per questo che è essenziale che lo Stato rafforzi i sistemi di protezione e sostegno per questi cittadini coraggiosi. L’esperienza di Libero Grassi insegna che, senza il supporto delle istituzioni e della società civile, anche gli atti di maggiore eroismo rischiano di essere vanificati. In un sistema democratico, la sicurezza di chi denuncia deve essere una priorità assoluta, perché è solo attraverso la protezione dei testimoni che si può sperare di sradicare definitivamente la cultura della mafia.
A distanza di più di trent'anni dall'assassinio di Libero Grassi, il suo esempio rimane una pietra miliare nella lotta alla criminalità organizzata. La sua vicenda ci ricorda che la mafia si nutre del silenzio e della paura, ma può essere sconfitta attraverso il coraggio e la solidarietà collettiva. La protezione e il supporto ai testimoni di giustizia non rappresentano solo un obbligo morale, ma sono anche una strategia fondamentale per vincere la guerra contro la mafia e ristabilire la legalità in ogni angolo del nostro Paese.
*avvocato
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