di RITA TULELLI
Negli ultimi anni, il fenomeno della stesa si è diffuso in alcune aree urbane italiane, specialmente nel Mezzogiorno, diventando un simbolo della criminalità giovanile. Questo termine deriva dal dialetto napoletano e si riferisce a una pratica in cui individui, solitamente giovani o giovanissimi, sfrecciano in moto o in scooter sparando all'impazzata, spesso senza un obiettivo preciso, per terrorizzare la popolazione locale e dimostrare il proprio potere sul territorio. La stesa non ha lo scopo diretto di uccidere, ma le sue conseguenze possono essere tragiche, con vite innocenti messe a rischio e la sicurezza pubblica gravemente compromessa.
La stesa è nata e si è sviluppata all'interno di contesti sociali disagiati, principalmente nei quartieri poveri delle grandi città come Napoli. In queste aree, la criminalità organizzata, come la camorra, esercita una forte influenza sui giovani, presentandosi come un'alternativa alla disoccupazione, alla mancanza di opportunità e al vuoto sociale che caratterizza molte comunità. La stesa diventa quindi un rito d'iniziazione, un mezzo per entrare in contatto con il mondo criminale, guadagnando rispetto e notorietà.
Spesso chi partecipa a queste azioni lo fa spinto da un senso di appartenenza, dal desiderio di affermare la propria identità e dal fascino di uno stile di vita che sembra offrire prestigio e denaro facile. Tuttavia, dietro questo comportamento si nascondono disperazione, frustrazione e l'assenza di percorsi alternativi.
Uno degli aspetti più preoccupanti del fenomeno della stesa è il coinvolgimento crescente dei giovani, talvolta minorenni, che vedono in queste azioni una via rapida per ottenere rispetto o vendicarsi di torti subiti. Questi ragazzi spesso crescono in contesti familiari difficili, dove la criminalità è una presenza costante e normalizzata, e dove l'assenza di istruzione, lavoro e prospettive future li spinge verso il crimine.
La mancanza di modelli positivi e il fascino di miti criminali, promossi anche da una certa sottocultura urbana, contribuiscono ulteriormente a rendere la stesa attraente per molti giovani. Il rischio di essere coinvolti in sparatorie o di finire in carcere non sembra rappresentare un deterrente sufficiente, poiché il senso di appartenenza e l’adrenalina prevalgono sul timore delle conseguenze.
Per contrastare il fenomeno della stesa e il coinvolgimento dei giovani, è necessario adottare un approccio integrato, che vada oltre la semplice repressione penale. Di seguito alcune delle strategie che potrebbero essere messe in campo:
Educazione e sensibilizzazione: È fondamentale intervenire nelle scuole e nei quartieri a rischio con programmi educativi mirati, volti a sensibilizzare i giovani sui pericoli del coinvolgimento nella criminalità. Progetti che promuovano valori di legalità, rispetto delle regole e cittadinanza attiva potrebbero aiutare a contrastare la mentalità violenta e disfattista che alimenta fenomeni come la stesa. Il coinvolgimento di figure simboliche, come sportivi o artisti, che abbiano un forte ascendente sui giovani, può rendere questi messaggi più efficaci.
Offrire alternative concrete: Spesso i giovani si rivolgono alla criminalità perché vedono poche o nessuna alternativa nella loro vita. È quindi essenziale che le istituzioni investano in politiche attive per il lavoro, lo sport e la cultura, offrendo ai ragazzi opportunità concrete di riscatto. Creare centri giovanili, progetti di formazione professionale, stage e percorsi di avviamento al lavoro può dare ai giovani una via d'uscita dalla marginalità e dalla devianza.
Incentivare il coinvolgimento delle famiglie: Le famiglie hanno un ruolo cruciale nel prevenire il coinvolgimento dei giovani nella criminalità. Tuttavia, in molti casi le famiglie dei quartieri più a rischio sono esse stesse vittime di disagi economici e sociali, rendendo difficile il loro ruolo di guida. Per questo, è importante sviluppare politiche di sostegno alle famiglie, che comprendano l'assistenza psicologica, l'educazione alla genitorialità e il supporto economico, con l'obiettivo di rafforzare il nucleo familiare e impedire che i giovani cerchino altrove modelli di comportamento.
Rafforzare la presenza dello Stato: La presenza visibile dello Stato nelle aree a rischio è fondamentale per combattere il senso di abbandono che spesso accompagna i giovani coinvolti nella criminalità. Questo non significa solo un maggiore presidio delle forze dell'ordine, ma anche un impegno concreto nel migliorare i servizi pubblici, come scuole, trasporti e infrastrutture. Quartieri più vivibili e sicuri possono contribuire a ridurre il sentimento di emarginazione e la percezione di insicurezza che alimenta il crimine.
Collaborazione con il terzo settore: Associazioni e organizzazioni non governative che operano nel sociale possono essere preziosi alleati nella lotta contro la stesa. Spesso queste realtà conoscono meglio di chiunque altro le dinamiche locali e possono intervenire in modo più diretto e personalizzato sui giovani a rischio. Programmi di mentoring, laboratori creativi e sportivi, percorsi di recupero scolastico sono solo alcuni esempi di attività che il terzo settore può offrire per togliere i ragazzi dalla strada.
Politiche repressive mirate e rieducative: La repressione penale è inevitabile per contrastare chi partecipa attivamente a crimini come la stesa. Tuttavia, oltre a pene severe, è importante che il sistema giudiziario preveda percorsi di recupero per i giovani coinvolti. Le misure alternative alla detenzione, come il servizio alla comunità o la partecipazione a programmi di recupero, possono offrire una seconda possibilità a quei ragazzi che, spinti dalle circostanze, si sono trovati coinvolti in attività criminali.
Il fenomeno della stesa è un segnale allarmante della profonda crisi sociale che colpisce molti quartieri e comunità del nostro Paese. Contrastare questo fenomeno significa non solo fermare le sparatorie e garantire la sicurezza delle strade, ma anche lavorare per offrire ai giovani un futuro diverso, lontano dalla violenza e dalla criminalità. Solo un impegno collettivo, che coinvolga istituzioni, famiglie, scuole, associazioni e forze dell'ordine, potrà davvero rompere il ciclo di violenza e disperazione che alimenta la stesa e altri fenomeni simili, restituendo speranza a intere generazioni.
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