Rita Tulelli: “Vittime e colpevoli, due volti della stessa storia”

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  27 dicembre 2025 11:11

di RITA TULELLI

Quando si parla di giovani autori di reato, l’attenzione si concentra spesso sull’atto commesso: la violenza, il furto, lo spaccio, l’aggressione. È naturale chiedersi “perché l’ha fatto?” e cercare una colpa chiara, un responsabile. Ma la criminologia ci invita a fare un passo indietro e a guardare la storia completa. Perché, molto spesso, dietro un giovane colpevole si nasconde un giovane che è stato prima vittima. Molti ragazzi che entrano in contatto con il sistema penale minorile hanno vissuto esperienze di forte disagio: violenza domestica, abbandono emotivo, povertà, bullismo, esclusione sociale.

Crescere in un contesto segnato dall’assenza di affetto, di stabilità o di modelli positivi può influenzare profondamente il modo in cui un giovane vede sé stesso, gli altri e le regole della società. Il contesto familiaregioca un ruolo centrale. Famiglie disfunzionali, genitori assenti o a loro volta coinvolti in comportamenti devianti possono lasciare i ragazzi senza punti di riferimento. In questi casi, il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato diventa confuso, e il reato può trasformarsi in un modo per attirare attenzione, esprimere rabbia o semplicemente sopravvivere. Anche il contesto sociale è determinante.

Quartieri marginalizzati, mancanza di opportunità educative, scuole poco inclusive e ambienti in cui la violenza è normalizzata aumentano il rischio di devianza. Quando un giovane cresce sentendosi invisibile o senza futuro, il gruppo criminale può apparire come l’unico luogo in cui sentirsi riconosciuto e “qualcuno”. Questo non significa giustificare il reato o negare la responsabilità individuale. Significa, però, comprendere. Comprendere che il comportamento criminale non nasce dal nulla, ma è spesso il risultato di una lunga catena di ferite, mancanze e silenzi. La criminologia moderna ci insegna che punire senza capire raramente funziona, soprattutto con i giovani. Per questo la giustizia minorile mette al centro la rieducazione.

Offrire ascolto, sostegno psicologico, percorsi scolastici e opportunità concrete può spezzare il ciclo che trasforma le vittime di oggi nei colpevoli di domani. Investire sui giovani significa investire su una società più giusta e sicura per tutti. Guardare ai giovani autori di reato solo come “criminali” è facile. Più difficile, ma necessario, è riconoscere la loro umanità e chiedersi cosa possiamo fare, come comunità, per non lasciarli soli prima che sia troppo tardi.

 


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