"Il cuore fragile della Calabria: una sfida di Civiltà"
di Niccolò Ruscelli*
Quando una regione misura il proprio grado di civiltà dal modo in cui accoglie e sostiene i cittadini più fragili, la Calabria si scopre ferita e bisognosa di cure. Con soli 395 euro annui pro capite destinati ai servizi per le persone con disabilità, come emerge dall'ultima analisi del Consumers' Forum, facciamo un balzo indietro, mentre in Trentino Alto Adige ogni cittadino conta su 5.915 euro e in Sardegna su 5.460 euro. È come guardare una quercia maestosa al Nord e riconoscere, nei nostri boschi, un giovane germoglio rimasto senz’acqua.
Negli ultimi dieci anni la spesa dei Comuni italiani per l’assistenza alle persone con disabilità è cresciuta del 44%, segno che la nazione intera comincia a riconoscere diritti e bisogni che prima restavano inascoltati. Ma se il corpo Italia avanza, il nostro Sud arranca, come un fiume che scorre agile finché non incontra una diga. La forbice tra Nord e Sud diventa voragine: mentre alcune regioni investono migliaia di euro per valorizzare l’autonomia delle persone, da noi il bilancio dedicato stenta a decollare.
Il ritratto dei servizi locali è una cartolina di promesse non mantenute. Solo il 68,4% dei Comuni calabresi garantisce l’assistenza domiciliare socio-assistenziale, appena il 33,2% integra concretamente i servizi sanitari e il 59,9% eroga voucher, assegni di cura o buoni socio-sanitari. Tradotto in termini umani, significa che in molti paesi delle nostre montagne e lungo le coste chi ha bisogno di un supporto quotidiano resta isolato, come un viandante che non trova ristoro.
L’esclusione non si limita ai servizi di base: abbraccia anche l’immagine che diamo di noi stessi. Con meno del 10% delle strutture turistiche davvero accessibili, la Calabria rinuncia a diventare meta inclusiva e lascia alle porte chi vorrebbe visitare le nostre coste e i nostri borghi. È come allestire un grande teatro e negare il biglietto a una parte del pubblico: un paradosso che sminuisce il valore del nostro patrimonio paesaggistico e culturale.
Le amministrazioni comunali e regionali calabresi hanno un dovere preciso: trasformare i numeri in storie di persone rispettate e assistite. Serve una programmazione seria che metta al centro non il mero assestamento di bilancio, ma la dignità di ogni cittadino. Occorrono risorse dedicate, protocolli di coordinamento tra Comuni e Asp, monitoraggi trasparenti e interventi strutturali lungo tutto il territorio. Come radici che si allargano in profondità per sostenere un albero, così i progetti devono estendersi a tutte le aree, urbane e rurali.
Accanto alle istituzioni, è tempo che la società civile si mobiliti: associazioni, famiglie, giovani, professionisti devono chiedere chiarezza su come vengono spesi i fondi e su quali risultati si ottengono. Convocare consulte cittadine, promuovere petizioni, sollecitare incontri periodici con gli assessori al sociale: sono azioni che contribuiscono a non lasciare nessuno in ombra.
La vera evoluzione di un popolo si misura dal fatto che il più fragile non diventi mai un peso da tagliare, ma il metro della nostra umanità. In Calabria, terra di storia millenaria e paesaggi selvaggi, possiamo diventare un laboratorio di inclusione, se mettiamo a dimora volontà politica, risorse adeguate e il coraggio di cambiare. Le persone con disabilità non sono un capitolo residuale di un bilancio: sono la voce viva di una comunità che sa farsi tesoro di ogni sua differenza. È giunto il momento di dimostrare che il cuore della Calabria batte forte, e che nessuno rimarrà indietro.
*Rappresentante degli studenti UMG e componente della Commissione d’Ateneo per la disabilità
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