Sabatino Nicola Ventura ricorda Luigi Vercillo

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  24 marzo 2024 09:18

di NICOLA SABATINO VENTURA

La foto è di Giovanni Vercillo, nato a Catanzaro l’11 ottobre 1908; figlio di Luigi e di Teresa De Riso. Residente a Roma, laureato in legge, Funzionario della Corte dei Conti, capitano di leva, appartenenza politica: Fronte Militare di Resistenza – gruppo Fossi antifascista. Arrestato il 18 marzo 1944 a Roma in via Lucullo dalle naziste SS. Motivo – sospettato di collegamento con le forze alleate. Carcerato in via Tasso – lista Kappler.

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Fu barbaramente ucciso il 24 marzo 1944 alla Fosse Ardeatine.

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 A Giovanni Vercillo è stata dedicata una via di Catanzaro (quella che i catanzaresi conoscono come la salita di Mauro). Sono certo che oggi, anniversario delle Fosse Ardeatine, l’Amministrazione Comunale di Catanzaro onorerà la Sua splendida figura di martire.

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Il 26 luglio del 1943 il re Vittorio Emanuele III, dopo il voto del Gran Consiglio del Fascio, 24 e 25 luglio 1943, che mise in minoranza Benito Mussolini, affidò il governo al Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Il 14 agosto del 1943 il nuovo governo proclamava Roma città aperta (priva di mezzi di difesa e di offesa, e pertanto innocua: una scelta per non subire azioni belliche). Ma la Germania “violò” tale decisione, e il 12 settembre del 1943 l’esercito tedesco occupò Roma. Albert Kesserling, a capo dell’esercito occupante, affidò l’ordine pubblico a Herbert Kappler, già conosciuto a Roma per il rastrellamento al ghetto ebraico e la deportazione del 16 ottobre 1943, di oltre 1.000 ebrei romani ai campi di sterminio. L’occupazione di Roma fu brutale ecrudele verso tutti coloro, anche se semplicemente sospettati, ritenuti antifascisti. I fascisti, al servizio dei nazisti, furono particolarmente spietati a Roma contro i patrioti della resistenza: invito a prendere cognizione delle sevizie subite da migliaia di cittadini nei luoghi di tortura, soprattutto nelle famigerate celle di via Tasso. Di particolare crudeltà si distinsero i fascisti del Reparto Speciale di Polizia Repubblicana, soprannominata banda Koch, nome del loro capo, circa 70 elementi. La banda operò al sevizio dei nazisti facendo spesso il lavoro più sporco. Si distinse anche per la caccia nelle chiese agli antifascisti li rifugiati.

Roma, a seguito dell’occupazione nazifascista, divenne teatro di guerra importante, soprattutto sul piano simbolico; basta pensare che subì, prima della liberazione, avvenuta il 04 giugno 1944, 51 bombardamenti.

In questa situazione di grave attività dei nazifascisti, operò la resistenza romana.

Il Comitato di Liberazione Nazionale, in particolare a Roma i GAP, Gruppi di Azione Patriottica, composti prevalentemente da comunisti, decisero d’intensificare le azioni di guerra partigiana contro i nazifascisti e in particolare di colpire le SS colpevoli di numerosi misfatti.

La resistenza Romana scelse di sferrare un duro colpo il 23 marzo 1944, giorno simbolico per i fascisti: a Milano il 23 marzo del 1919 furono fondati i Fasci Italiani di Combattimento. Lo fece con i GAP che decisero di attentare una compagnia del III battaglione del reggimento SS-Polizei “Bozen” che ogni giorno in marcia transitava da via Rasella per arrivare al Viminale.

Il Gruppo di partigiani, 12, che compirono l’azione, fecero esplodere al passaggio delle SS una bomba che avevano nascosto in un carretto della spazzatura, e da diversi punti della via lanciarono anche delle bombe. L’attentato provocò subito la morte di 33 soldati, ma anche di un 13 enne di passaggio, e uno a distanza di poche ore. Tre civili morirono nei giorni seguenti. Morì anche il poliziotto autista del questore Caruso, scambiato per partigiano. I civili morti furono colpiti durante la sparatoria all’impazzata dei tedeschi, subito dopo l’attentato.

I nazifascisti decisero immeditatamente, forse su ordine diretto di Hitler, di vendicarsi con una rappresaglia. Uccisero 335 italiani antifascisti: militari, prigionieri politici, ebrei, e anche detenuti comuni; 75 delle vittime erano in stato di arresto per motivi razziali.

La fredda e spietata rappresaglia si consumò il 24 marzo 1944fuori Roma, alle Fosse Ardeatine: cave di pozzolona, cenere vulcanica utilizzata sin dall’antichità nell’edilizia. I martiri furono uccisi con fredda violenza, uno alla volta, con un colpo alla nuca e buttati nelle cave.

Oggi le Fosse Ardeatine sono un mausoleo, meta, ogni anno, di migliaia di patrioti e di antifascisti anche di altre nazioni.

La strage delle Fosse Ardeatine è stata la più raccapricciante delle rappresaglie naziste in Italia.

L’attentato di via Rasella, che provocò la rappresaglia, fu oggetto di considerazioni divisive circa l’opportunità e l’efficaciadell’azione. Ci furono anche ricorsi alla magistratura nazionale e internazionale da parte di parenti delle vittime civili, ma i tribunali ritennero l’attentato una legittima azione di guerra partigiana contro l’invasore tedesco e i fascisti loro sostenitori, e anche un’azione a difesa dello Stato Italiano.

In particolare fu chiamato a riferire il dirigente comunista Giorgio Amendola, che fu dell’attentato l’ideatore.

Riporto alcuni passi della lettera che egli inviò nell’ottobre 1964 a Leone Cattani, che fu, fra altro, componente il CNL; Segretario del Partito Liberale Italiano 1944/45; Ministro dei Lavori Pubblici nel primo governo De Gasperi.

“La più grossa responsabilità morale che abbiamo dovuto assumere nella guerra partigiana è quella dei sacrifici che si provocano, non soltanto i compagni in lotta che si inviano incontro alla morte – essi hanno scelto liberamente quella strada – ma gli ignari che possono essere colpiti dalle rappresaglie. Se non si supera questo tremendo problema non si può condurre la lotta partigiana. Noi del C.L.N., tutti, anche se nella pratica con maggiore o minore convinzione, sapemmo superare questo problema, e prenderci le necessarie responsabilità. Soltanto dei pavidi o degli ipocriti potevano far finta di non comprendere le conseguenze che derivano dalla posizione assunta. Affrontammo il rischio nell’unico modo possibile: non farci arrestare dal ricatto delle rappresaglie e, in ogni caso, rispondere al nemico colpo su colpo e continuare la lotta.

L’annuncio della strage delle Ardeatine fu dato il 26 marzo (o 25 che fosse) a esecuzione compiuta, senza nessun appello fosse stato lanciato ai responsabili dell’attentato perché si presentassero al comando tedesco o alla polizia fascista. Ma io non mi sono mai trincerato dietro questo dato di fatto, di fronte alla campagna condotta contro di noi da parte fascista con tutti i mezzi e anche in sede giudiziaria. Ho invece più volte dichiarato che, anche se l’appello fosse stato lanciato dal comando germanico, noi responsabili del comando GAP, e gli eroici combattenti che avevano attuato l’ardita operazione di guerra, non avevamo in alcun caso il diritto di presentarci, di consegnare, cioè, al nemico un comando partigiano ed un reparto d’assalto. A parte ogni motivazione personale, non avevamo il diritto di decapitare il movimento partigiano e di mettere in pericolo la sicurezza del movimento clandestino.

Dell’attentato di via Rasella mi sono assunto – in diverse sedi- piena e personale responsabilità, non solo come comandante delle Brigate Garibaldi per Roma e per l’Italia Centrale, e come tale membro della Giunta militare del CNL…”

L’Eccidio alle Fosse Ardeatine è ancora oggi, giustamente, ricordato quale punta alta della barbarie nazifascista in Italia. Èperò un eccidio non unico, infatti i nazifascisti si macchiarono di numerosissime uccisioni di massa, fra i quali: Marzabotto, 775 vittime inermi; Sant’Anna di Stazzema, 560 vittime inermi; Lippa di Elsane, 269 vittime inermi; Padule di Fucecchio, 174 vittime inermi.

La morte di migliaia d’Italiani, molti giovani, impegnati nella lotta di liberazione e per la libertà sono accumunati dalla grande idea di riscatto della patria e per la costruzione della nuova Italia. Alle Fosse Ardeatine, per come negli altri eccidi, i martiri sono stati di estrazione, età e provenienza diverse: soldati, generali, operai, artigiani, intellettuali, artisti, sacerdoti; erano monarchici, liberali, comunisti, azionisti, socialisti, popolari, anche di nessuna appartenenza politica, ma tutti insieme per chiudere con l’oscurantismo fascista e il disonore, e per l’Italia bella, libera, democratica; per l’Italia della Repubblica e della Costituzionefiglia dell’unità dei patrioti realizzata nella resistenza.

Oggi 24 marzo 2024, a distanza di 80 anni dall’eccidio di Roma, si ripresenta la necessità di rimettere insieme gli italiani che si riconoscono nei principi della nostra Costituzione antifascista. Onorare i martiri delle Fosse Ardeatine, oggi, dovrà essere la decisione di un rinnovato impegno per l’Italia libera e democratica.

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