di SABATINO NICOLA VENTURA
Sin dal primo 900 iniziò a dispiegarsi il movimento d’opinione e d’impegno civico e politico per l’emancipazione della donna, volto alla conquista dei diritti di parità di genere.
Nel 1907 si verificò il primo evento importante di solidarietà e scelta politica a fianco delle rivendicazionidei diritti delle donne. Infatti, al VII congresso della II Internazionale Socialista si discusse della questione femminile e del voto alle donne. Per la prima volta le donne, grazie ai socialisti, ebbero un apposito spazio organizzato per loro. Sempre nel 1907 si svolse la Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste, che aconclusione dei lavori istituì l’Ufficio d’Informazione delle Donne Socialiste. Fu eletta segretaria Clara Eissner Zetkin, tedesca – esponente socialista/comunista, combattente per i diritti delle donne.
Il Partito Socialista nel1908 a Chicago, nell’ambito di un’apposita Conferenza, che venne definita Woman’s Day (festa della donna), affrontò le questioni dello sfruttamento dei datori di lavoro nei confronti delle operaie, delle discriminazioni sessuali e del diritto al voto. Il Partito Socialista Americano, sempre nel 1908, organizzò per l’ultima domenica di quell’anno una manifestazione per il voto alle donne; e la prima “giornata della donna” negli Stati Uniti si svolse il 23 febbraio 1909.
La seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste a Copenaghen, 1910, istituì una giornata dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne.
In ogni caso, per alcuni anni, la giornata delle donne si svolse, in Europa e negli Stati Uniti, in giorni diversi.
L’8 marzo del 1917 in Russia a San Pietroburgo, le donne manifestarono contro la guerra e per chiederne la fine. Durante la Seconda Conferenza Internazionale delle Donne Comuniste, che si svolse a Mosca nel 1921, fu stabilito che l’8 marzo fosse la Giornata Internazionale delle operaie. Da quell’anno l’8 marzo divenne la data più diffusa.
In Italia la prima giornata della donna si realizzò il 12 marzo del 1922.
Nel 1944, a settembre, a Roma è stata istituita l’Unione Donne Italiane (UDI), e si decise di celebrare il successivo 8 marzo la giornata della donna nelle zone dell’Italia liberata dai nazifascisti.
Nel 1946 è stato assunto quale simbolo della giornata della donna, la mimosa. Tale scelta è d’attribuire alle deputate alla Costituente, Rita Montagnana e Teresa Mattei. Fu scelta la mimosa perché la fioritura di questa pianta si realizza dopo la fine di febbraio e perché si trovava diffusamente disponibile nei campi, gratis o con pochissimo costo.
Il primo vero importante movimento internazionale femminista in Italia iniziò all’inizio degli anni ’70: in piazza a Campo de Fiori a Roma, l’8 marzo 1972, si svolse la manifestazione della festa della donna, durante la quale le donne hanno chiesto, tra altro, la legalizzazione dell’aborto.
Le Nazioni Unite, nel 1975, definirono come giorno internazionale per i diritti delle donne, l’8 marzo, quale giorno intitolato alla rievocazione e alla considerazione sulle conquiste sociali, politiche, economiche della donna.
Per molti anni l’origine dell’8 marzo è stata evocata a una tragedia accaduta nel 1908 a New York, in una industria tessile, la Cotton: in un incendio morirono centinaia di donne operaie. Ma l’incendio è stato confuso con quello che si verificò sempre a New York nel 1911, e perirono 146 lavoratori, fra i quali molte donne.
Spesso, da un po' di anni, l’8 marzo è, in alcuni frange della popolazione, ma anche del giornalismo e di qualche politico, presentato come un giorno ripetitivo del 25 novembre: giornata internazionale contro la violenza sulle donne (in particolare sessuale e delfemminicidio). Sono invece, per come è, due giorni che propongono attenzioni diverse verso la violenza alle donne.
L’8 marzo è il giorno delle rivendicazioni sociali, politiche ed economiche: diritti di elettorato attivo e passivo, possibilità di accedere alla pari opportunità, ai gradini anche massimi della direzione politica, ammnistrativa e tecnica delle Istituzioni pubbliche e private, alla parità di salario. L’Italia, grazie alle battaglie per la emancipazione della donna, condotte dalle forze progressiste e di sinistra, dai sindacati e da tante associazioni per il riconoscimento delle rivendicazioni delle donne, ha fatto, soprattutto dagli anni ’70 del secolo scorso, sino all’inizio del secolo 2000, passi da gigante.
Questo 8 marzo dovrà continuare ad essere il giorno di riaffermazione delle conquiste, ma anche del rilancio delle proposte di emancipazione e di uguaglianza.
Ancora, purtroppo, soprattutto a livello culturale molto resta da fare. Un esempio negativo, che colgo l’occasione per riferire, ripropone tale ritardo, con gravi ricadute sul riconoscimento di emancipazione totale della donna. A Biella durante la seduta del Consiglio Comunale di mercoledì 21 febbraio 2024, una Consigliera Comunale del PD, peraltro candidata a sindaco alle prossime elezioni comunali, si allontana dall’aula, alle ore 2130, il tempo necessario per allattare il suo bambino di otto mesi. Subito dopo l’allontanamento dall’aula, il Capogruppo della Lega in Consiglio Comunale, ha preso la parola per censurare la collega, asserendo che non è possibile conciliare le incombenze di mamma con quelle di consigliera comunale.
Questo episodio è emblematico del percorso che ancora bisognerà fare per riscattare la donna dalla ingiustizia, anche più profonda, che la colpisce.
È infatti, indiscutibile che la Consigliera ha il diritto di svolgere i compiti inderogabili di mamma (es. allattamento), senza dovere rinunciare a qualsiasi altra attività, compreso quella politica e di amministratrice. Nel caso di specie bisognava, ad esempio, sospendere la seduta del Consiglio per il tempo necessario all’allattamento, o, se l’ordine del giorno non prevedeva pratiche urgenti, con scadenza di approvazione ad ora, l’aggiornamento o la riconvocazione della seduta di Consiglio.
Il diritto della donna a essere genitore non può, minimamente, essere messo in discussione o subordinato a scelte rispetto alla possibilità di mantenere il lavoro, o nel caso, di svolgere con pieno diritto compiti istituzionali e politici.
Sotto sotto, e non tanto, torna, purtroppo, l’idea che la donna dovrà esclusivamente occuparsi delle faccende di casa e dei figli.
È ancora più grave quando, ancora oggi, c’è chi sostiene che la donna non ha, per natura, la capacità di potere svolgere qualsiasi attività alla pari dell’uomo. È bene ricordare che sino a non molti anni fa in Italia, per legge,la donna non poteva essere magistrato, dirigente ammnistrativo, Preside e tant’altro. Grazie alle battaglie delle donne e di chi ha sposato la loro causa, molte vergogne sono state negli anni cancellati.
Desidero, a proposito di come si pensava e, ancora oggi, si pensa in alcuni ambienti politici e civici, riportare un episodio accaduto poco meno di 80 anni fa.
La più giovane deputata alla Costituente, la ventunenne Teresa Mattei, parlando in Assemblea, chiedeva che la Costituzione, in elaborazione, prevedesse piena parità di genere; prevedesse la possibilità che la donna avesse tutte le opportunità garantite all’uomo, fra le quali quella di poter essere magistrato. Nel corso del suo intervento un deputato liberale la interruppe, pronunciando queste parole: “Signorina, lei vuole ammettere le donne alla magistratura! Ma sa che in certi giorni del mese le donne non ragionano?” “No, rispose la Mattei, ma so che molti uomini come lei non ragionano tutti i giorni dell’anno”.
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