di SANTO BIONDO*
L'indice di fuga della Calabria è uno dei più alti della Penisola. La nostra regione, infatti, si piazza al quinto posto fra le altre regioni italiane. Non stiamo parlando di latitanti che sfuggono alla giustizia o di giovani cervelli che scelgono l’estero per inseguire i propri sogni, ma di sanità, di diritto alla salute, di emigrazione sanitaria.
Stiamo parlando di un dato direttamente riferibile al fenomeno indicato come emigrazione sanitaria. Un fenomeno che, nel solo 2019, ha interessato oltre 55 mila calabresi che per curarsi sono stati chiamati a rivolgersi ad ospedali fuori regione per sottoporsi alle cure necessarie a migliorare il proprio stato di salute.
I numeri, come spesso accade, sono impietosi ed esprimono al meglio e con estrema sintesi i problemi del Servizio sanitario regionale calabrese. Il dato sull’indice di fuga, fra le altre cose, ci ricorda i ritardi atavici sul piano strutturale ed infrastrutturale della nostra sanità regionale che, da tempo, aspetta l’apertura dei nuovi ospedali, che mai sino ad oggi è riuscita a dare sfogo alle giuste pretese occupazionali di tutti quei medici e sanitari ancora in attesa di primo occupazione.
Tutto ciò, anche dopo la ridefinizione del quadro sanitario nazionale provocato dall’emergenza Coronavirus, è inaccettabile.
L’ufficio del commissario al Piano di rientro, sul quale abbiamo più volte espresso il nostro giudizio negativo, ha fissato in oltre 288 milioni di euro il peso economico sulle casse calabresi dell’emigrazione sanitaria, denaro che va a finire nelle casse di quelle regioni del Nord Italia che, di certo, non navigano in difficoltà economiche o finanziarie.
Il dato viene confermato e certificato da altri studi analitici di diversi istituti operanti in Italia che segnalano la Calabria fra le poche regioni italiane con un saldo negativo rilevante: 287 milioni di euro. Peggio di noi fa solo la Campania con un saldo che supera i 350 milioni di euro.
Dati, infine, in netto contrasto con quanto previsto dal Patto per la salute 2019-2021 che, senza giri di parole, parla di salvaguardia di una mobilità sanitaria extra regionale fisiologica, di miglioramento in loco dei servizi e di un loro potenziamento al fine di “evitare rilevanti costi sociali e finanziari alle famiglie”.
*segretario generale Uil Calabria.
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