Sanità. Intervista al prof Nocito: "Il debito si era accumulato già negli anni 80. Ora è fuori controllo"

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Il prof Walter Nocito

“Potremmo dire che nella nostra regione avremo una diarchia costituita da un commissario e un presidente della Giunta (di un facente funzioni fino alle prossime elezioni). In sostanza, saremo una regione a metà, l’unica in Italia a non avere autonomia politica"

  20 novembre 2020 11:13

di TERRI BOEMI

“Come commissario, andrebbe bene un calabrese emigrato per fame, che ha fatto i concorsi al nord perché non ha voluto fare i concorsi deviati dalle mafie al sud, un professore universitario. Avrei un nome ma non lo dico”. Così Nicola Gratteri a Otto e mezzo. Il fatto risale a qualche giorno fa ma, quelle parole, pesanti come macigni, non sono facili da digerire. E’ un giudice, un uomo che lavora nelle istituzioni, a pronunciarle. E alle istituzioni sono richieste abilità precise. Che non contemplano, o non dovrebbero contemplare, la partecipazione a programmi televisivi in cui divagare sul fenomeno masso mafioso. La conoscenza di fatti attinenti a quel mondo melmoso, un magistrato, dovrebbe metterla a disposizione in modo più efficace.

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Per Walter Nocito, docente di diritto pubblico all'Unical di Cosenza, “Gratteri avrebbe dovuto fare il nome del papabile commissario, direttamente al Ministro. Lanciare il sasso nello stagno, davanti ad una telecamera, a chi giova? Devo dire però che c’è una parte del suo ragionamento che comprendo e sulla quale concordo. Sostanzialmente dice che chi ha creato la propria carriera al Nord, nel settore privato o in quello delle istituzioni neutre (camera di commercio, università, enti di ricerca), o nell’esercito potrebbe essere più difficilmente avvicinabile. E sottolinea Nord perché Roma fa parte della Calabria così come la Calabria fa parte di Roma; da oltre cinquant’anni. Non dimentichiamolo”.

Ma oltre a non e essere facilmente “raggiungibile”, quali abilità deve possedere un commissario incaricato a mettere ordine nella sanità calabrese?

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“Ciò che conta non è la persona che ricoprirà quel ruolo, ma la funzione amministrativa della istituzione. Perché già da molti anni il commissario per l’attuazione del piano di rientro è di fatto persona giuridica. Per cui il decreto legge, attualmente in fase di conversione al Parlamento, sta specificando e allargando i poteri dell’ufficio del commissario straordinario, dotandolo di 25 dipendenti e di un budget di spesa non indifferente per le esigenze lavorative”.

Se il decreto venisse convertito in legge, cosa accadrà in Calabria?

“Potremmo dire che nella nostra regione avremo una diarchia costituita da un commissario e un presidente della Giunta (di un facente funzioni fino alle prossime elezioni). In sostanza, saremo una regione a metà, l’unica in Italia a non avere autonomia politica. Soprattutto a non avere autonomia di bilancio, autonomia finanziaria; perché la voce di spesa maggiore, per le regioni del Sud, sono le voci finanziarie-sanitarie”.

E questa è l’unica strada percorribile?

“Sì, perché il sistema sanitario calabrese è fallimentare non dal 2009, l’anno in cui ci fu il commissariamento. Il debito sanitario si era accumulato già negli anni 80. Una spesa eccessiva e mal gestita, con abusi da parte di operatori del pubblico e del privato: i vari casi “Poggiolini, le ville e gli yacht di imprenditori della sanità privata e di fornitori ed amministratori della sanità pubblica, che in quegli anni non pestavano i piedi a nessuno e diffondevano benessere. Ma già nel periodo 2005-2007, l’assessore alla Tutela della Salute, Doris Lo Moro (DS), nominata dal presidente della Giunta Agazio Loiero, fu costretta a dimettersi per la impossibilità di mettere ordine in qual caos. Nei venticinque anni successivi, quei problemi si sono inspessiti e il debito è andato fuori controllo”.

Non ci resta che piangere?

“Se il ripiano del debito pubblico non sarà statale, le sole risorse dei calabresi non saranno sufficienti. Anche il Lazio e la Campania hanno dovuto fare i conti con un debito enorme, però, alla fine, sono riuscite a rientrare. La Calabria, no. Noi siamo la regione peggiore d’Italia e tra le regioni peggiori d’Europa, sia per la spesa nazionale che per quella comunitaria, che sarebbe l’alternativa ai tagli lineari del bilancio nazionale della legge di stabilità. Ma queste non sono responsabilità da ascrivere ai soli Scopelliti, Oliverio, Santelli. Questi sono fenomeni di lungo corso. E che hanno coinvolto tanto il centro destra quanto e il centro sinistra, seppur non in egual misura. Perché tra i tanti che si sono avvicendati, nessuno ha avuto idea di cosa fosse un bilancio economico, un bilancio finanziario e la stabilità della spesa. Agivano in modo clientelare. Con le assunzioni facili. Pe le quali oggi, tutti noi, ne paghiamo lo scotto”.

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