Uno straordinario risultato scientifico è stato raggiunto grazie allo studio guidato dal professore Aldo Quattrone, già rettore dell’Università Magna Graecia e docente di neuroscienze, membro dell'Unità di Ricerca di Neuroimaging all'Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare nonché componente del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Catanzaro. Lo studio clinico prospettico, durato 4 anni, ha dimostrato che la misurazione eseguita mediante risonanza magnetica (MRI), denominata indice di risonanza magnetica di parkinsonismo (MRPI) 2.0, è in grado di prevedere, con estrema precisione, l'evoluzione clinica verso un fenotipo di parkinsonismo di paralisi sopranucleare progressiva (PSP) differenziandolo dalla malattia di Parkinson.
L’indagine scientifica ha riguardato in particolare le anomalie dello sguardo verticale nei pazienti con malattia di Parkinson; 100 pazienti su una coorte totale di 110 hanno mantenuto la diagnosi originale di Parkinson, mentre 10 (9,1%) hanno sviluppato anomalie dello sguardo verticale. L'MRPI 2.0 ha classificato tutti i pazienti e 10 sono stati classificati con probabile parkinsonismo PSP.
"I nostri risultati sono coerenti con studi precedenti e hanno dimostrato - dichiarano Quattrone e i coautori dello studio - che un numero di pazienti inizialmente diagnosticato con Parkinson è stato successivamente classificato con una diagnosi alternativa, avendo sviluppato caratteristiche cliniche atipiche. Tali evidenze scientifiche sono state cristallizzate grazie all’utilizzo dell'MRPI 2.0 che ha evidenziato, con la massima accuratezza, la comparsa di anomalie dello sguardo verticale in tutti i pazienti con diagnosi iniziale da morbo di Parkinson e successiva diagnosi da parkinsonismo PSP. Abbiamo dimostrato – sottolineano i ricercatori - l'utilità di questi nuovi biomarcatori di imaging ed in particolare dell'MRPI 2.0 nel prevedere lo sviluppo di anomalie dello sguardo visivo e l'evoluzione clinica verso i fenotipi PSP in pazienti con diagnosi iniziale di malattia di Parkinson. Questi biomarcatori potrebbero aiutare i medici a identificare precocemente quei pazienti che possono cambiare la diagnosi iniziale da morbo di Parkinson a PSP, influenzando così la fase di prognosi e quella di terapia. Ci auguriamo – conclude il gruppo di ricercatori guidato dal professore Quattrone - che si possa potenziare l'uso di biomarcatori, particolarmente utili nella fase dello studio clinico ma anche e soprattutto decisivi per la scelta della strategia terapeutica da intraprendere”.
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