“I calabresi che si chiedono il perché la loro regione continua con estrema regolarità a mantenere una qualità della vita che neanche nei paesi dell’Africa sub sahariana ed equatoriale, potranno trovare delle risposte nell’emendamento presentato dall’on. Roberto Occhiuto, con la complicità dei parlamentari Pd e M5S, che consente alla Calabria di poter diluire il debito sanitario in trent'anni. In pratica, l’enorme massa finanziaria accumulata negli ultimi anni nel comparto sanitario, grazie a ruberie e malaffare, anche e soprattutto con le gestioni commissariali di nomina governativa, sarà pagato dai calabresi, quelli onesti e per bene, magari attraverso un aumento indiscriminato delle aliquote Irpef per trent’anni". Così in una nota stampa del consigliere Eugenio Riccio.
"In estrema sintesi, anni ed anni di quella che viene etichettata come “masso mafia” nella sanità, andranno a gravare sulle tasche delle nuove generazioni - si legge ancora - che decideranno di restare in Calabria. Se nel rilevare che questa vicenda si presta, metaforicamente, al paragone con Robin Hood, chiaramente al contrario rubando ai poveri per dare ai ricchi, alcune domande sono d’obbligo: Perché non costringere il Governo a farsi carico del debito della sanità calabrese, attese le proprie responsabilità che gli derivano dalla gestione commissariale ultradecennale, così come richiesto allo stesso premier Conte dai sindaci calabresi, con a capo Sergio Abramo?".
"Perché, e mi rivolgo all’on. Occhiuto, non sostenere questa giusta battaglia dei primi cittadini? Perché questo silenzio assordante da parte della deputazione calabrese in merito alla redistribuzione del recovery fund? Lo sanno che le regioni del Nord, per l’ennesima volta, la faranno da padrone incassando il 68% delel risorse previste a fondo perduto, a fronte del solo 34% che andranno al Sud? Ma, la cosa che più inquieta, - conclude - è il silenzio della società civile calabrese, degli Ordini professionali, delle associazioni di categoria, dei sindacati e della stampa in un momento in cui tutti siamo chiamati ad uno scatto d’orgoglio”.
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