di SAVERIA CRISTIANO
Tante volte ho pensato a cosa avrei scritto in questo momento perché tu sai che la scrittura è lo strumento che uso meglio. Mi hai sempre detto: la forza delle parole Saveria, è dirompente; impara ad usare bene quelle e non avrai bisogno di altro. Mi sono chiesta cosa scrivere ogni volta che ho visto andare via qualcuno prima di te, qualche padre. Ogni volta mi sono data la stessa risposta: non ci pensare adesso
Saveria, quel momento è lontano. Ora che io e quel momento siamo vicini e ci guardiamo in faccia, scuse non ne ho più, ma ho bisogno di dirti.
Il dolore ha un centro e un baricentro. Per adesso io conosco solo il primo e sono talmente tanto vicina al centro del mio dolore, da non riuscire a separare i ricordi belli da quelli meno belli. Eppure, se mi concentro, la lista di quelli belli è lunga: - i compiti di matematica che facevamo insieme con le equazioni che non ti uscivano mai - le corse in macchina verso la scuola dove si arrivava puntualmente in ritardo
- le nostre risate per piccole cose - i nostri balli - le serate con gli amici - i tuoi racconti infiniti
- la tua onestà, la tua bontà, la tua fragilità, la tua conoscenza, la tua moderazione, la tua generosità, il tuo odore - la tua mano che tiene la mia mentre mi dici “Sevù, sei la mia luce”.
Ho desiderato spesso avere alcune cose di te e, a volte, mi sono arrabbiata quando mi sono trovata a scoprire di averne altre. Abbiamo litigato e poi ci siamo abbracciati con un abbraccio che da sempre ha avvolto anche mamma e Peppe. Questo è accaduto perché siamo stati e siamo una famiglia e questo, papà, è un privilegio. E’ la cosa più importante che sei riuscito a creare e che lasci a noi e ai tuoi nipoti.
Nei miei occhi ci saranno i tuoi, nei miei pensieri saranno fusi i tuoi insegnamenti, nei miei obiettivi ci saranno i tuoi sogni, nei miei passi ci saranno i tuoi tempi; nei miei ricordi ci saranno i momenti insieme e quelli che non abbiamo vissuto, le parole che ci siamo detti e quelle che non abbiamo pronunciato mai; ogni mia lotta avrà come sfondo l’ardore e la dignità che hanno contraddistinto la nostra battaglia dell’ultimo anno e mezzo. Abbiamo combattuto insieme; combattere è “battere con…”: non abbiamo battuto il nemico, ma abbiamo battuto la previsione diffusa di una tua morte subitanea. Mi hai regalato e ci è stato regalato del “TEMPO” per guardarci, per parlarci, per toccarci.
Oggi siamo in tanti perché in tanti ti hanno amato, anche tramite noi. Questo vuol dire lasciare il segno, vuol dire aver saputo amare. Mi hai chiesto una festa per il tuo addio, la farò; mi hai chiesto di proteggere mia madre, mio fratello e i tuoi nipoti, farò anche questo. Tu, però, non smettere mai di muovere il vento intorno a noi, perché sarà il nostro linguaggio segreto. Sii prepotente nella tua presenza.
Sono stata quasi sempre io la figlia di Tonino Cristiano e poche volte tu il padre di Saveria Cristiano. Sarà sempre così, perché tu sarai sempre più grande di me e ogni volta che qualcuno sentirà il mio cognome e lo collegherà a te, io, con la testa alta, il petto inorgoglito, un sorriso accennato e sornione che abbiamo spesso condiviso, risponderò a voce alta “ERA MIO PADRE”.
Questo è il tuo lascito più significativo. Devo molto di ciò che oggi sono a te. E di questo ti ringrazio.
Tributiamo gli onori ad un guerriero senza tempo. Ciao papà, capitano o mio capitano, adesso vai e respira la tua libertà.
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