Scuola/Il dibattito. La docente di Catanzaro Elisa Viapiana: "La scuola senza scuola"

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Elisa Viapiana
  14 maggio 2020 15:00

di ELISA VIAPIANA*

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha scoperchiato il vaso di Pandora. In ogni ambito, della nostra vita e delle nostre professioni, di colpo si sono svelate tutte le lacune, i ritardi, i tagli e le mancanze, che ci attanagliano da anni.
Nel mondo scuola, in particolare, sono state finalmente messe in luce tematiche accantonate da ogni governo: le classi pollaio, la carenza di organico (in particolare sul sostegno), il codice unico per gli istituti comprensivi, le infrastrutture, il tema ancora scottante dell’inclusione (di cui l’Italia è senza dubbio paese precursore), ma che nasconde ancora zone d’ombra insidiose.

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E come panacea di tutti i mali ci hanno offerto la Dad.
Il “mostro della Dad” (come direbbe un caro collega e amico).
Ma anche la Dad (a cui i maestri e i professori si sono prestati con spirito di abnegazione, spinti dal senso del dovere e dalla voglia di Esserci, comunque) ci sta raccontando qualcosa.

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Ci racconta di una scuola che può e deve esplicarsi solamente in presenza, di una scuola che da mondo dell’inclusione è diventata mondo dell’esclusione.
Quei bambini e ragazzi, quelli fragili per i quali ci siamo sempre battuti (quelli che già subiscono i tagli di un sistema malato), nella maggior parte dei casi, sono soli dietro uno schermo spento.
La Dad non arriva a tutti e tutti non arrivano alla Dad (perché c’è chi fisicamente non può farlo).

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Quei nostri alunni anelano quel mondo trascurato dalla società, quello delle aule buie, o con le finestre rotte, fredde d’inverno e calde in primavera. Anelano quel mondo che è e deve rimanere socialità, perché l’uomo apprende solo in virtù dall'altro ed è solo attraverso l’altro che trova sè stesso.
La Dad è un mostro.
È una scuola senza confronto sincero, senza occhi brillanti e rotondi che ti ascoltano innamorati, è una scuola senza nessuno che ti tenda la mano, senza aiuti concreti, senza laboratori, senza il fare, senza inclusione, senza dibattiti.
È una scuola senza scuola.
E per quanto ci si sforzi, rimane un mostro.
E dall’alto? Il nulla!

A maggio vige ancora la confusione di cambiare le bozze ogni due o tre giorni (confusione accettabile il 15 di marzo, ma intollerabile a pochi giorni dalla chiusura di questa “scuola”). Dirigenti, docenti, personale ATA, famiglie, alunni: tutti lasciati soli, in balia di proclami, prima annunciati, poi negati, prima scritti, poi cancellati.
Naviga in brutte acque questa scuola che si è sempre dovuta salvare in zona Cesarini e a tenerla a galla, ancora una volta, la maggior parte di loro: quelli dei tre mesi di vacanze, della settimana corta, i privilegiati delle 18 ore a settimana, quelli che stanno ascoltando tutti parlare di scuola e sanno già, con amarezza, che le soluzioni, quelle vere, ancora una volta saranno rimandate, al prossimo governo, ai prossimi tagli, alla prossima sanatoria e al prossimo proclama.

*professoressa dell’Istituto Comprensivo Nord-Est Manzoni di Catanzaro

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