E' quanto ha stabilito una recente sentenza della Corte di Cassazione che rischia di impattare anche sulla sanità calabrese
23 giugno 2020 23:06di GABRIELE RUBINO
Non dare nulla per scontato, nemmeno se si tratta di pubblico impiego e delle norme sul pensionamento. Pur essendo passata sottotraccia, la sentenza n. 11008 la sezione lavoro della Suprema della Corte di Cassazione, pubblicata il 9 giugno scorso, rischia di frantumare molte convinzioni date per scontate. La notizia è arrivata anche in Calabria, soprattutto nella galassia della sanità. Fra sindacati ed aziende si stanno facendo 'approfondimenti'.
Accogliendo il ricorso dell'Asl Roma 1 contro la sentenza della Corte d'Appello romana che inizialmente dava ragione ad un dirigente medico, la Cassazione ha sancito senza mezze misure: "Pur attraverso le articolate e complesse modifiche legislative succedutesi nel tempo, il limite di 65 anni è rimasto sempre inalterato, salva la possibilità, riconosciuta al dipendente, di richiede di permanere in servizio per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell'anzianità minima per il diritto a pensione ovvero quella, ratione temporis, vigente del trattenimento in servizio per un biennio oltre il sessantacinquesimo anno di età ad istanza del dipendente stesso". Il dispositivo, in cui si ricostruisce con pazienza l'ipertrofia legislativa in materia, si risolve in uno spartiacque: se si è in prossimità dei 65 anni si può chiedere il mantenimento in servizio tassativamente tra i 24 e i 12 mesi prima. Se lo si fa un secondo dopo pur avendo l'intenzione di rimanere a lavoro fino a 67 anni, l'azienda è obbligata a mettere in quiescienza il dipendente che non riceverà né trattamento economico né (qualora non avesse raggiunto il minimo contributivo) né quello pensionistico. La sentenza della Cassazione ricorda che tutto ciò si applica al personale della dirigenza medica e sanitaria.
E qui arrivano i grattacapi. La prassi invalsa in molti enti della sanità calabrese è di non chiedere formalmente entro questo termine (almeno un anno dai 65 anni) di restare in servizio. Applicando la sentenza della Cassazione, i dipendenti "silenti" vanno invece mandati in pensione. Per questa ragione, i sindacati hanno cominciato ad allertare i propri iscritti, che potenzialmente si trovano nelle condizioni "critiche", di premurarsi ad inviare la richiesta alla Pubblica amministrazione di appartenenza per evitare di restare con le mani vuote, almeno per due anni se comunque si è maturato il diritto alla pensione o nulla in caso contrario. La sentenza del resto è categorica: "Detto limite (65 anni, ndr) poteva essere superato solo mediante la manifestazione, nei tempi e nei modi previsti, della volontà di rimanere in servizio".
Per molte sigle questa è una novità inattesa. Una qualificata fonte appartenente ad un sindacato dei dirigenti medici dice con preoccupazione sulla sanità calabrese: "Potrebbe esserci un esodo di risorse umane, di certo non immediatamente rimpiazzabile con nuove assunzioni":
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