Separazione carriere, Camera penale in piazza: Catanzaro aderisce alle “129 piazze per il Sì”

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Gli avvocati della Camera penale di Catanzaro in Piazza Prefettura

  14 dicembre 2025 13:06

di IACOPO PARISI

Catanzaro è stata una delle 129 città italiane protagoniste, nella giornata di ieri, dell’iniziativa nazionale “129 piazze per il Sì”, promossa dall’Unione delle Camere Penali Italiane in vista del referendum sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Un appuntamento che, come spiegano i rappresentanti dell’avvocatura penalista, ha avuto uno scopo informativo, con l’obiettivo di portare il dibattito sulla giustizia fuori dai palazzi e renderlo comprensibile ai cittadini.

Per Francesco Iacopino, la separazione delle carriere rappresenta una riforma identitaria per l’intera avvocatura penalista italiana: "Siamo oltre 11mila avvocati penalisti coinvolti in questa inizativa – ha spiegato il presidente della Camera penale “Alfredo Cantàfora” di Catanzaro, – e riteniamo che questa riforma aumenti il livello di civiltà del nostro Paese". Un percorso che, secondo Iacopino, affonda le sue radici nella storia recente dell’ordinamento giudiziario: dal superamento del codice di procedura penale di matrice inquisitoria nel 1988, all’introduzione del modello accusatorio, fino alla riforma del “giusto processo” entrata in Costituzione nel 1999.

Il punto centrale, ribadisce il presidente della Camera penale catanzarese, è la terzietà del giudice: "Un processo è giusto solo se il giudice è davvero terzo, arbitro imparziale tra accusa e difesa. Per questo non è più coerente che chi accusa e chi giudica abbiano lo stesso percorso di carriera".

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Tra i temi affrontati anche quello del Consiglio superiore della magistratura. Iacopino ha richiamato lo scandalo Palamara come prova delle distorsioni generate dal sistema delle correnti dell’Associazione nazionale magistrati. "Il sorteggio dei componenti del CSM – ha sostenuto – è uno strumento per spezzare la logica correntizia e restituire credibilità all’organo di autogoverno". Una riforma che, secondo l’avvocatura penalista, rafforzerebbe la magistratura invece di indebolirla.

Netta anche la smentita delle accuse di subordinazione del pubblico ministero alla politica: "È una bufala. L’articolo 104 della Costituzione continua a garantire autonomia e indipendenza della magistratura da ogni altro potere dello Stato."

Sulla stessa linea Valerio Murgano, già presidente della Camera penale di Catanzaro e oggi componente della giunta nazionale dell’Unione delle Camere Penali Italiane, che ha definito l’iniziativa "un momento storico per la democrazia e per il sistema giustizia". Secondo Murgano, la separazione delle carriere rappresenterebbe "la compiutezza di un percorso costituzionale iniziato con il modello accusatorio e cristallizzato nell’articolo 111 della Costituzione". Un sistema che punta quindi a garantire parità delle parti e un giudice equidistante sia dall’accusa sia dalla difesa.

Murgano ha richiamato anche il contesto calabrese, ricordando il dato delle ingiuste detenzioni: "Purtroppo la nostra regione detiene un triste primato. Questa riforma serve a ridurre gli errori giudiziari e a rimettere l’imputato al centro del processo, con tutte le garanzie che gli spettano". Una precisazione anche sul ruolo delle vittime: "La riforma non svilisce i diritti delle persone offese, anzi rende più legittima e meno sospettabile la decisione del giudice".

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Entrambi gli interventi hanno sottolineato come la campagna delle Camere penali punti soprattutto a colmare un vuoto di conoscenza. "Non si tratta di convincere – ha spiegato Murgano – ma di far comprendere ai cittadini che questa non è una materia distante: riguarda la vita di ognuno di noi". Anche il confronto con gli altri ordinamenti occidentali è uno degli argomenti centrali: nel panorama europeo l’Italia rappresenta infatti un’eccezione, essendo di fatto l’unico Paese dell’Unione in cui giudici e pubblici ministeri condividono lo stesso ordine e lo stesso percorso di carriera.

A chiudere il ragionamento è di nuovo Iacopino, che riporta il confronto sulla separazione delle carriere sul piano delle motivazioni di fondo del dibattito. Secondo l’avvocatura penalista, infatti, la contrarietà alla riforma non si spiega tanto con argomentazioni tecniche, quanto con una resistenza di natura ideologica, legata al timore di mettere in discussione assetti di potere consolidati all’interno del sistema giudiziario.

"Non dobbiamo lasciarci condizionare da chi teme di perdere potere – ha affermato – ma guardare ai contenuti di una riforma di sistema che incide sulla qualità della giustizia e rafforza il ruolo del giudice come garante delle libertà individuali". Una riforma che, nella visione delle Camere penali, non indebolisce la magistratura ma completa il percorso del giusto processo e punta a innalzare il livello di civiltà giuridica del Paese.


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