L’accusa: falsi ricoveri in terapia intensiva per ottenere rimborsi. Ora s'indaga sul ruolo di Asp di Catanzaro e Regione Calabria
01 ottobre 2020 10:40L'operazione si chiama "Cuore Matto" e ha portato al sequestro di oltre 10 milioni di euro a 3 indagati a Rosanna Frontera, 56 anni, di Catanzaro, legale rappresentante della casa di cura “Villa S. Anna S.p.a.”, Giuseppe Failla, 65 anni, di Catanzaro, direttore generale della clinica; Gaetano Muleo, 75 anni, di Catanzaro ma residente in perugia, direttore sanitario della casa di cura dal 2010 e fino ad agosto 2019.
Oggi i finanzieri del comando provinciale di Catanzaro hanno dato esecuzione a un’ordinanza cautelare emessa dal G.i.p. del tribunale di Catanzaro, Gaia Sorrentino al termine di un’articolata indagine nei confronti della clinica privata “Villa S. Anna” di Catanzaro, nota struttura sanitaria nonché centro di riferimento regionale di alta specialità per il trattamento e la cura delle malattie cardiovascolari.
L’indagine è stata avviata all’inizio del 2019 dai militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Catanzaro e, successivamente all’accertamento delle prime ipotesi di reato, è stata affidata ai pubblici ministeri Vito Valerio e Chiara Bonfadini, con il coordinamento del procuratore aggiunto Giancarlo Novelli e la direzione del procuratore della repubblica,Nicola Gratteri.
All’esito dell’attività investigativa, su richiesta di questo ufficio, il Gip ha disposto: nei confronti di due soggetti (il legale rappresentante e il direttore generale della clinica “s. anna”) la misura cautelare personale del divieto temporaneo (per mesi 12) di esercitare attività professionali o imprenditoriali, anche con riferimento a incarichi direttivi di persone giuridiche, indagati per reati di truffa aggravata e continuata ai danni del servizio sanitario e frode nelle pubbliche forniture (artt. 640, comma 2, n. 1, 356, 81 e 110 cod. pen.); nei confronti della clinica “S. Anna” e di tre persone fisiche (oltre ai due sopra citati, anche a carico del direttore sanitario pro tempore) il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, delle somme di denaro profitto dei reati contestati, per un importo totale di oltre 10,5 milioni di euro.
Oggetto delle investigazioni è stata la gestione del reparto di “unità terapia intensiva coronarica” (Utic), ufficialmente operante all’interno della clinica “S. Anna”, ma che, in realtà, non è mai entrato in funzione.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura, sin dal 2013 la casa di cura era accreditata presso il servizio sanitario regionale alla gestione di posti-letto utic, destinati al trattamento delle patologie cardiache acute, che richiedono monitoraggio continuo e costante dei parametri vitali, in soggetti con gravi scompensi cardiaci in atto.
Al termine delle attività, è emerso inequivocabilmente che il reparto Utic di “Villa S. Anna” non era mai stato concretamente avviato, risultando privo di attrezzature conformi agli standard del servizio Utic e del personale medico e paramedico adeguatamente preparato e in numero idoneo a garantire un’efficace turnazione e assistenza “h24”.
I pazienti cardiologici acuti, pertanto, sarebbero stati assistiti e trattati non presso l’inesistente Utic, come normalmente sarebbe dovuto accadere, ma nei reparti di “cardiologia” o di “unità terapia intensiva post-operatoria” (Utipo), mentre i posti letto ufficialmente destinati al reparto utic ospitavano ricoveri ordinari.
Grazie a tale sistema fraudolento presunto dalla Procura, la casa di cura è così riuscita a ottenere tra il 2013 e il 2019 dal servizio sanitario regionale un illecito profitto di oltre 10 milioni di euro.
Sul totale di tali somme, pari a 10.564.934,10 euro, il Gip del tribunale di Catanzaro ha disposto la misura cautelare reale del sequestro preventivo ai fini della confisca, anche per equivalente, trattandosi del profitto dei reati contestati in concorso fra loro a:
I responsabili risultano peraltro iscritti nel registro delle persone indagate anche per il reato di “violenza o minaccia per costringere taluno a commettere un reato” (art. 611 codice penale) in quanto, una volta appreso dell’esistenza dell’indagine in corso da parte della Guardia di Finanza, avrebbero minacciato alcuni medici in servizio presso la casa di cura di andare incontro a conseguenze sul piano lavorativo e personale, nel caso in cui non avessero ritrattato o quantomeno rimodulato le dichiarazioni rilasciate alla polizia giudiziaria circa il mancato funzionamento del reparto Utic.
Ulteriori approfondimenti sono in corso al fine di valutare il coinvolgimento di ulteriori dipendenti della clinica nonché delle strutture pubbliche (esempio di Asp di Catanzaro e Regione Calabria), deputate alla gestione e alla verifica dei requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici necessari per l’accreditamento delle strutture sanitarie private.
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