Sergio Dragone: "Catanzaro, crepuscolo di un capoluogo"

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  06 ottobre 2021 10:38

di SERGIO DRAGONE

In cinquant’anni di regionalismo, la città di Catanzaro ha espresso ben sei presidenti della Giunta (Aldo Ferrara, Bruno Dominijanni, Rosario Olivo, Donato Veraldi, Giuseppe Chiaravallotti, Agazio Loiero) e quattro presidenti dell’Assemblea regionale (Mario Casalinuovo, Rosario Chiriano, Anton Giulio Galati e Domenico Tallini). Due di loro, Mario Casalinuovo e Agazio Loiero, sono stati anche ministri della Repubblica.

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Lo spoglio delle ultime elezioni regionali ci ha consegnato un risultato che si presta a più di una riflessione. Dei nove seggi assegnati alla Circoscrizione centro, tre sono espressione di Vibo Valentia, due di Lamezia Terme, uno di Crotone, due del circondario e uno solo della Città capoluogo. Eletto che, peraltro, appartiene al partito politico (la Lega) più lontano dalla cultura, dalle tradizioni, dalle radici più profonde della società catanzarese.

E’ una questione ben più profonda della semplice assenza di rappresentanza che attraversa trasversalmente tutti i partiti e tutti gli schieramenti.

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Non basterà qualche aggiustamento, magari sotto forma di strapuntino o sottogoverno, a sanare quella che appare una crisi di sistema del Capoluogo. Anzi, se la Città accettasse una forma di misera contropartita, magari la presidenza di una società in house della Regione, si ratificherebbe semplicemente la colonizzazione politica di Catanzaro e la sua irrilevanza politica.

Il baricentro politico della Calabria con queste elezioni si è spostato ancora più decisamente lungo l’asse Cosenza-Vibo Valentia-Reggio Calabria che vanta il maggior numero di eletti sia al Parlamento sia nel Consiglio regionale. L’unica calabrese nel governo Draghi è la deputata Cinquestelle Dalila Nesci, di Tropea.

I centri decisionali sono altrove. Non si decideranno certo a Catanzaro le linee di sviluppo della Calabria, l’utilizzo delle risorse del PNRR, il riequilibrio degli interventi sulle infrastrutture, il riordino della rete sanitaria.

Si tratta di uno scenario geo-politico che riflette, tristemente, la dimensione rassegnata che oggi caratterizza quella che doveva e poteva essere la Capitale di tutti i Calabresi. E’ il crepuscolo, il periodo di residua luce prima della notte, una luce che ci basta per guardare tutti i nostri mali e di cui tutti siamo un po' responsabili.

Se una Città non ha luoghi-simbolo come una stazione o un porto, se la sua Cattedrale è desolatamente chiusa, se l’Assemblea cittadina non può riunirsi da anni nella sua Casa istituzionale, se il suo centro storico soffre una crisi senza fine nonostante le eroiche iniziative dei privati, se perfino la sua Chiesa è scossa da avvenimenti ancora imperscrutabili, come stupirsi se poi i suoi cittadini riversano i loro consensi su candidati delle altre province e delle altre città? La crisi di rappresentanza altro non è che lo specchio della crisi della città. Anzi, del suo crepuscolo.   

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