di SERGIO DRAGONE
Catanzaro è sola. Una solitudine dimessa e malinconica, quasi rassegnata. Non la solitudine orgogliosa di chi è al comando e mette nel conto ostilità e invidie. Antonello Venditti, in una delle sue tante canzoni dedicate all’amata Roma, scrive “certo i nemici non le mancheranno mai”.
Per Catanzaro è diverso. La sua solitudine è frutto di un processo lento e inesorabile che oggi la porta ad essere un “Capoluogo trasparente”, privo di rappresentatività, non riconosciuto dalle altre Città che, anzi, ormai ne mettono apertamente in discussione il ruolo. Non è riconosciuta da Reggio Calabria dove mai si è realmente chiusa la ferita del 1970. Non è riconosciuta dall’ambiziosa Cosenza, da sempre orgogliosamente autodefinitasi l’”Atene della Calabria” e fucina di grandi leadership politiche. E perfino la giovane (è nata appena 54 anni fa) Lamezia Terme, forte della sua posizione e dei suoi enormi spazi, non fa mistero delle sue ambizioni e della sua insofferenza verso il Capoluogo.
Della crisi di rappresentatività politica mi sono già occupato un anno fa, all’indomani delle elezioni regionali che hanno assegnato a Catanzaro un solo consigliere regionale, fatto mai accaduto nella storia. Una situazione che, se vogliamo, si è ulteriormente aggravata, visto che Catanzaro eleggerà tra qualche giorno solo un parlamentare sui 19 spettanti alla Calabria.
Catanzaro è sempre più sola e lo dimostrano due questioni che hanno fatto discutere in questi giorni. La prima è la polemica suscitata dalla proposta – a mio parere fin troppo timida e perfino timorosa di non suscitare permalosità – del sindaco Fiorita di aggiungere il nome di Catanzaro a quello di Lamezia Terme nella denominazione ufficiale dell’aeroporto internazionale. La violenza della reazione che si è avuta a Lamezia Terme e la valanga di insulti che ha colpito il primo cittadino del Capoluogo, con tanto di striscione esposto sulla statale, dimostra che l’intenzione unificante di Fiorita è stata stracciata senza pietà. Ci sarà da lavorare su questo perché – come ha detto lo stesso sindaco di Catanzaro – la saldatura dei destini delle due Città è un processo irreversibile e che prescinde dai campanilismi e dalle classi dirigenti.
L’altra questione è la duplicazione della Facoltà di medicina, antica aspirazione della classe politica cosentina. Ebbene, senza il primato dell’unica Facoltà di medicina della Calabria, l’UMG – che già non brilla come performance, a giudicare dalle varie graduatorie nazionali – perderà ogni attrattività.
E’ evidente che le maggiori responsabilità di quanto sta accadendo sono dei vertici dell’UMG, assolutamente disinteressati ai destini della Città, che hanno aperto, senza valutarne le conseguenze, alla possibilità di introdurre studi medico-scientifici ad Arcavacata.
Ma colpisce molto l’atteggiamento sornione del presidente della Regione, Roberto Occhiuto – che è un politico molto abile e pragmatico – nel momento in cui benedice di fatto l’operazione, bollando le resistenze di Catanzaro come forme di campanilismo. D’altronde, lo stesso Occhiuto, interrogato sulla diatriba sul nome dell’aeroporto, aveva liquidato tutto con una battuta: “Si chiami aeroporto Pippo o Topolino, a me interessa potenziarlo”. Ineccepibile sotto il profilo amministrativo e di governance, discutibile sotto quello politico con una rappresentazione disneyana del ruolo del Capoluogo.
E allora, se già il primo inquilino della Cittadella mette in discussione, sia pure in modo garbato e all’interno di un ragionamento più ampio, il ruolo di Catanzaro, possiamo ben dire che il processo di isolamento del Capoluogo “trasparente” è praticamente completato.
La storia dei prossimi anni, forse decenni, ci dirà se questo processo è irreversibile. Non sarà facile senza rappresentatività politica. Un solo consigliere regionale e un solo deputato, per quanto validi, potranno fare ben poco, sovrastati numericamente dai rappresentanti delle altre Province. Solo per fare un esempio, la piccola Vibo Valentia potrà contare su tre consiglieri regionali, un deputato e forse un senatore.
La croce toccherà al sindaco Nicola Fiorita che dovrà tentare di ricucire rapporti geopolitici, tessere alleanze, riaffermare le prerogative del Capoluogo sapendo che si troverà davanti un muro. Dovrà usare intelligenza e cultura, che non gli mancano, ma anche l’arte della diplomazia e della mediazione.
Mi auguro che non sarà solo, a sua volta, in questo compito. Che io ritengo davvero arduo. Ma deve tentare, osando di più, librandosi sulle piccole beghe comunali, proponendosi come elemento di equilibrio in una Regione attraversata da continui fermenti.
Nella Calabria dei mille campanili, le tensioni tra i territori sono destinate ad aumentare e quindi Catanzaro, recuperando la sua dimensione di Città “gentile” (rubo il claim al professore Valerio Donato), potrebbe essere un elemento di mediazione imprescindibile. Come nei decenni passati, quando le frizioni tra i territori portavano le forze politiche a puntare su presidenti di Regione catanzaresi, come Ferrara, Dominijanni, Olivo, Veraldi, Rhodio, Nisticò, Chiaravalloti, Loiero. Si può dire che con il mandato di Agazio Loiero (2005-2010) si è chiusa l’era della centralità politica di Catanzaro. La speranza è che se ne apra una nuova, non sappiamo quando.
Ma per ora siamo solo un Capoluogo “trasparente” a cui i nemici non mancheranno mai.
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