di SERGIO DRAGONE
A Catanzaro, città tradizionalmente pigra e un po' sonnolenta, è sfuggita una notizia che, da sola, spiega perché alla media/lunga distanza – diciamo 10-15 anni – la Facoltà di medicina dell’Unical sorpasserà e oscurerà quella dell’UMG. Nei giorni scorsi, nelle sale operatorie dell’ospedale dell’Annunziata è stato installato il robot chirurgico “Da Vinci” di ultimissima generazione, acquistato dall’Università di Arcavacata e destinato a formare i chirurghi del futuro. Il robot “Da Vinci”, come spiega la nota ufficiale di Unical, è uno strumento all’avanguardia, che permette una visione tridimensionale immersiva in grado di moltiplicare fino a 10 volte la normale visione dell’occhio umano, facilita l’accesso alle anatomie più complesse, offre precisione maggiore e anche una diminuzione degli effetti collaterali. Resta insostituibile la presenza umana: il chirurgo gestisce l’operazione da una console a due postazioni e il robot diventa uno strumento che amplifica le sue mani, migliorandone notevolmente la precisione.
In Italia ci sono più di 100 “Da Vinci”, più del 60% negli ospedali pubblici e privati del nord e si è superata la soglia dei 30.000 interventi annui con questa tecnologia. In Calabria, quello di Cosenza è il secondo robot, dopo quello funzionante già dal 2016 al GOM di Reggio Calabria.
Con questo investimento, 3 milioni e mezzo di euro, l’Unical si pone all’avanguardia nella tecnologia digitale applicata alla medicina. E non è finita. Dopo avere acquistato il tavolo anatomico 3D, già installato presso i laboratori del dipartimento di Farmacia e Scienze della salute e della nutrizione, è previsto a breve anche l’acquisto del sistema robotico mobile di imaging 2d-3d intraoperatorio, corredato di tavolo operatorio radiotrasparente e del braccio robotico neuronavigato.
Quando anche il metaverso irromperà prepotentemente nel mondo della medicina e della prevenzione, le tradizionali facoltà di scienze mediche rischieranno di andare in soffitta o quanto meno di essere notevolmente ridimensionate.
Si pensi a quanti calabresi ogni anno decidono di farsi operare con il “Da Vinci” a Milano, Roma, Torino, Genova, per patologie urologiche, ginecologiche e toraciche. All’Università di Catanzaro l’unica applicazione robotica la si deve al prof. Indolfi che ha utilizzato un braccio mobile meccanico per una delicata operazione di angioplastica. Troppo poco.
In buona sintesi, l’Unical formerà i medici del futuro, potendo contare nella sinergia con la facoltà di ingegneria informatica, l’UMG i medici tradizionali. Ecco perché alla lunga la lotta sarà impari e vincerà Arcavacata.
Catanzaro, come al solito, si è accontentata di una trattativa al ribasso. Nessuna contropartita all’indebolimento di medicina, poiché la nascita della “Dulbecco” – senza massicci investimenti tecnologici, professionali e logistici – è solo la sommatoria di due ospedali in affanno. Se davvero si vuole realizzare quello che enfaticamente è stato definito il “più grande polo sanitario della Calabria”, bisogna trovare i soldi per nuovi spazi ospedalieri, per riconvertire il “Pugliese”, per assumere più medici e più infermieri, per acquistare tecnologie di nuova generazione. Altrimenti resteranno tutte chiacchiere. Men che meno si parla di duplicare nel Capoluogo alcune facoltà “identitarie” dell’Unical, come ingegneria o lettere.
Sulla duplicazione di medicina a Cosenza è calato il silenzio, perché, forse, l’oppio mediatico dei 9 milioni di euro per lo stadio ha assopito un’opinione pubblica poco allenata al confronto critico. La lungimiranza non è una dote “di cui sono colmi” i catanzaresi.
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