di SERGIO DRAGONE
Il progetto “Serravalle” di Fabio Rotella e il progetto “La via della luce” di Franco Righini – di cui si è tornato a parlare in questi giorni nelle sedi istituzionali – rappresentano quella “terapia d’urto” di cui il centro storico di Catanzaro ha vitale bisogno per non soffocare e per riprendere ossigeno tra conservazione e modernità.
"La via della luce" di Franco Righini
Il progetto “Serravalle” di Fabio Rotella
Sono due idee progettuali che conosco molto bene per averne condiviso la genesi assieme al sindaco dell’epoca Sergio Abramo, nella consapevolezza che solo interventi architettonici di fortissimo impatto, sia pure nel rispetto dell’esistente, avrebbero potuto invertire il processo di lento decadimento del nostro bellissimo, ma purtroppo desertificato centro storico.
Era inevitabile che tali idee progettuali suscitassero polemiche e giudizi contrastanti. Ogni intervento architettonico nei centri storici genera questo tipo di reazioni. Si potrebbero scomodare esempi ben più celebri, come la discussa piramide davanti al Louvre a Parigi o la teca ideata da Richard Meier per l’Ara Pacis a Roma. Anche da noi, più modestamente, l’opinione pubblica si è divisa, tra sostenitori e contrari.
Le due idee progettuali – entrambe molto rispettose dell’esistente e della storia urbanistica della città – rispondevano sostanzialmente a due richieste del “committente”.
A Rotella venne chiesto di ricostruire le quinte della demolita strettoia di corso Mazzini e non già, come qualcuno sostiene oggi, di progettare una galleria commerciale. Una sorta di “risarcimento” per una ferita inferta negli anni Settanta al centro storico con la demolizione del Palazzo Serravalle. Da notare che i giardini Nicholas Green sono giuridicamente una soluzione provvisoria poiché l’Amministrazione, nel demolire la strettoia, aveva stabilito che la sistemazione a verde aveva carattere temporaneo, in attesa di una progettazione di qualità.
Il lavoro di Fabio Rotella è pregevole anche sotto l’aspetto della ricerca storica e dello sforzo di riprendere i motivi architettonici ed artistici del Palazzo Serravalle. Il problema della salvaguardia del verde è risolto brillantemente con la previsione di un giardino pensile e di un vasto terrazzamento.
Ai partecipanti al concorso indetto dal Comune per un’idea di copertura dell’isola pedonale piazza Grimaldi-piazza Santa Caterina – poi vinto da Righini – venne invece chiesto di risolvere il problema della vivibilità del tratto pedonalizzato anche in situazioni climatiche avverse, la pioggia e il tradizionale vento di Catanzaro.
Il progetto Righini affronta e risolve la non facile questione con un gioco di trasparenze e di luci, valorizzando quello che poi dovrebbe diventare il vero “salotto buono” della città, costellato di opere d’arte e sedute, di spazi per la socialità e per l’uso delle nuove tecnologie telematiche, dotato perfino di un impianto di rinfrescamento per l’estate, ideale per ospitare sfilate, happening musicali.
Le due idee progettuali fanno parte ufficialmente del patrimonio dell’Amministrazione comunale che, naturalmente, è liberissima di attuarle o meno, non esistendo vincoli in tal senso.
Io penso che sarebbe un peccato non praticare questa “terapia d’urto” che trasformerebbe il corso Mazzini in uno straordinario e comodo caleidoscopio, incurante delle intemperie che ne impediscono la fruizione per moltissimi giorni all’anno (progetto Righini) e dotato di nuovi spazi per la socializzazione e il commercio (progetto Rotella). Entrambe le idee progettuali, proprio perché “idee”, possono essere migliorate, attualizzate, rimodulate.
Spetta ovviamente all’Amministrazione operare delle scelte. Ho delle forti perplessità sull’idea di azzerare tutto e spianare l’ex Serravalle per creare una piazza “gemella” di piazza Prefettura, una delle più tristi ed anonime piazze d’Italia. Ma bisogna rispettare la democrazia ed è ovvio che nessuno intende mettere in discussione le prerogative di sindaco, giunta e consiglio comunale. Prima di chiudere definitivamente in un cassetto o, peggio, cestinare i due pregevoli progetti, non sarebbe male soffermarsi a riflettere e, se necessario, ascoltare la città. Non guasterebbe una dose di coraggio, perché tutte le scelte strategiche hanno bisogno di coraggio.
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