Sergio Dragone: "Il caso Salis, il caso Paravati, il senso di umanità nelle carceri"

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images Sergio Dragone: "Il caso Salis, il caso Paravati, il senso di umanità nelle carceri"
L'istituto penitenziario di Catanzaro
  21 febbraio 2024 08:46

di SERGIO DRAGONE

Le immagini di Ilaria Salis in catene hanno suscitato un moto di indignazione nel nostro Paese, rivelando il volto disumano del sistema carcerario ungherese. La nostra Costituzione, la più bella del mondo, immagina al contrario un sistema carcerario in cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d’umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

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L'azione esterna , almeno quella che è apparsa ai nostri occhi, della ex direttrice del carcere di Catanzaro Angela Paravati si è mossa su questa linea, con tutta una serie di iniziative di natura sociale e culturale, rivolte al recupero dei detenuti.

Ecco perché il suo arresto, motivato da gravi e infamanti accuse, ha suscitato stupore e disorientamento nelle persone che l'hanno conosciuta nell'esercizio delle sue funzioni o come persona, avendone ricavato sempre l'immagine di una dirigente seria e competente, aperta alle evoluzioni del sistema carcerario nel nostro Paese. Diciamolo chiaramente per non suscitare zona d'ombra in questo ragionamento :la Procura ha fatto benissimo ad indagare su quello che accadeva all'interno del carcere e verificare le eventuali responsabilità della ex direttrice.

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Non poteva certo girarsi dall'altra parte davanti a notizie di reato così inquietanti. Il tempo e le successive fasi processuali ci diranno di più sulla fondatezza di tali accuse. Se la dottoressa Paravati ha davvero commesso quello che le viene contestato, ne pagherà giustamente le conseguenze. Certo, in questo caso, ci troveremmo davanti ad un raro caso di sdoppiamento della personalità perché non si comprenderebbe altrimenti il forte impegno della ex direttrice sul terreno dell'umanizzazione dell'istituto di pena. Il carcere non può essere un hotel, ma nemmeno un luogo dove si consuma la pena come una vendetta. Può anche essere un luogo dove i detenuti possono leggere e studiare, migliorarsi come uomini, impegnarsi in lavori socialmente utili, trovare il tempo per pentirsi e tentare di cambiare vita.E soprattutto operare un taglio netto con il proprio passato. Tutto ciò non significa che non debbano scontare fino in fondo la loro pena e che non debbano rispettare le rigide regole del regime detentivo. Come diceva De Andrè, anche i carcerati  "se non sono gigli sono pur sempre figli vittime di questo mondo." 

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