Sergio Dragone: "Matt Damon è Sonny Vaccaro, il manager con sangue calabrese che inventò il mito delle Air Jordan"

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images Sergio Dragone: "Matt Damon è Sonny Vaccaro, il manager con sangue calabrese che inventò il mito delle Air Jordan"

  28 maggio 2023 09:53

di SERGIO DRAGONE

“Ehi, state attenti. Abbiamo preso Michael Jordan!”. E’ la scena centrale del film “Air-Il grande salto”, in programmazione su Amazon Prime e nelle sale, dedicato all’incredibile colpo messo a segno dalla Nike nel 1984, l’ingaggio di quello che sarebbe diventato il più grande giocatore di basket di tutti i tempi. E la nascita del culto delle sneakers rosse-bianche-nere, oggetto del desiderio per milioni di persone in tutto il mondo.

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Quando Natale e Margaret Vaccaro partirono negli anni Trenta da Falerna per cercare fortuna in Pennsylvania non avrebbero mai pensato che uno dei loro figli, John Paul Vincent, detto Sonny, sarebbe diventato il protagonista dell’operazione di marketing sportivo più importante della storia.

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Si, perché il protagonista di “Air” – la prima produzione della Artists Equity, la nuova casa cinematografica fondata dai due Premi Oscar  Matt Damon e Ben Affleck – non è la stella dei Chicago Bulls, che nemmeno appare se non di spalle, ma proprio questo manager con sangue calabrese nelle vene, autore di una missione impossibile: strappare l’emergente talento del basket americano alle lusinghe dell’Adidas e della Converse, giganti del mercato delle sneakers, salvare la divisione basket di Nike dal fallimento e creare la linea di calzature sportive più celebre e diffusa in tutto il pianeta, le mitiche “Air Jordan”.

Ci si può commuovere ed emozionare per una storia di scarpe sportive? La risposta è sì. Perché, come dice nel film la madre di Jordan, Deloris, “una scarpa è solo una scarpa, finché mio figlio non se la mette ai piedi”.

Matt Damon interpreta da par suo il personaggio di Sonny Vaccaro, il dirigente di marketing incaricato dalla Nike di scovare i giocatori di basket universitari, figlio di emigranti calabresi arrivati negli Usa negli anni Trenta.

Per Vaccaro il basket è la vita. Negli anni Sessanta è cofondatore del Dapper Dan Roundball Classic, un torneo che mette in vetrina i migliori giocatori di basket delle scuole superiori. Poi inizia la sua carriera nel marketing sportivo, arrivando alla Nike, dove però le cose non vanno benissimo. Adidas e Converse hanno il predominio incontrastato sul mercato.

Sonny capisce che c’è bisogno di un colpo d’ala ed ha un’idea geniale. Invece di spezzettare il budget della divisione basket di Nike per ingaggiare tre o quattro giovani emergenti, vuole utilizzare l’intera somma per tentare di reclutare Michael Jordan che lui ritiene possa diventare una stella di prima grandezza. Ma non è solo una questione di soldi. Sonny costruisce, assieme al cofondatore di Nike Phil Knight (interpretato dallo stesso regista Ben Affleck) ed altri manager del marchio, una “filosofia” dell’operazione che ribalta tutti i canoni di marketing fino a quel momento utilizzati. Viene realizzato un prototipo della scarpa appositamente per MJ con un disegno e una tecnologia capaci di racchiudere i valori sportivi e simbolici del futuro campione.

“Mi serve la migliore scarpa da basket mai creata”, dice con enfasi Sonny al team di tecnici della Nike. E sarà proprio il disegno originale della “Air”, oltre all’assegno di 2 milioni e mezzo di dollari e alla percentuale sulle vendite di ogni scarpa, a convincere il riluttante Michael a scegliere Nike e lasciare con un pugno di mosche in mano Adidas e Converse.

Un’altra scena madre del film, che a me è davvero piaciuto per la sua capacità di evocare le atmosfere dell’America degli anni Ottanta (anche grazie a due strepitosi brani musicali inseriti nella colonna sonora, “Time after Time” di Cyndi Lauper e “Born in the U.S.A.” del boss Bruce Springsteen), è quella del memorabile discorso che Sonny Vaccaro tenne nella riunione decisiva con la famiglia Jordan. Un monologo di grande intensità in cui il “calabrese” spiega che l’operazione “Air” non è solo un business, ma l’inizio di un mito immortale che durerà anche dopo il ritiro di Michael dall’attività agonistica. E così è stato.

Sonny aveva capito che MJ sarebbe diventato il più grande appena due anni prima, assistendo alla finale di New Orleans tra il North Carolina e il Georgetown. A pochi secondi dalla fine, il Georgetown era avanti di un punto, quando Dean Smith passò il pallone ad un giovanissimo e misconosciuto Michael Jordan. “Knock it in, Michael”, “Mettilo dentro, Michael” e il ragazzo segna un canestro storico. Li scatta il colpo di fulmine. Solo un Predestinato può avere la freddezza di realizzare un canestro decisivo negli ultimi secondi di una finale. Ma Sonny è uno dei pochi a credere che il ragazzo di Brooklyn, figlio di un meccanico e di un’impiegata di banca, sarebbe diventato la stella più luminosa della NBA e dello sport mondiale. Così quando lancia l’idea di puntare solo su MJ per rilanciare la divisione basket di Nike per poco non lo prendono per matto e gli fanno capire che è pronta per lui una bella lettera di licenziamento.

Il nodo cruciale della trattativa è il rapporto speciale che Sonny riesce a creare con Deloris Jordan, la madre del campione che vegliava premurosa sul futuro di quel figlio così speciale. Senza l’insistenza di  Deloris, Michael non avrebbe mai accettato di partecipare alla riunione decisiva e ascoltare le proposte della Nike. Ed è proprio Deloris, nel film, a comunicare al telefono a Vaccaro che l’accordo è fatto, che Michael accetta.

“Ehi, state attenti. Abbiamo preso Michael Jordan!”, urla Demon-Vaccaro nel salone della Nike, scatenando l’entusiasmo di tutti i collaboratori.

Come sia finita lo sanno tutti. Quell’accordo fu solo l’avvio di una strepitosa collezione di uno dei modelli più iconici della storia dello sport, la mitica sneaker dai colori bianco, rosso e nera. Nike contava di venderne centomila paia nel primo anno, ne vendette quasi cinquecentomila in un solo mese.

Il film è davvero bello, con un’ottima regia di Ben Affleck, un cast di prim’ordine, dialoghi curati. Matt Damon per meglio entrare nei panni del manager “calabrese” ha avuto un confronto di quasi due ore con Sonny Vaccaro, oggi vispo ottantatreenne che vive a Palm Springs.

A Vanity Fair ha confessato: “Ma diavolo, può un ragazzo di Trafford che si è diplomato terzo in fondo alla classe finire in un film con Matt Damon che lo interpreta? Posso solo dirti che è un sogno impossibile”.

“Air” è davvero la metafora di un sogno. Niente è impossibile, se lo vuoi e hai coraggio. I calabresi, soprattutto i giovani, lo guardino questo film. C’è tanto da imparare.

 

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