di SERGIO DRAGONE
La vita di Michele Torrusio è stata uno straordinario film, costellato di gioie e successi, ma anche di terribili colpi del destino. Lo ricordo come fosse oggi – e sono passati quasi sessant’anni – sul campo sterrato che a Pontepiccolo chiamano Sant’Elena: bellissimo nella sua tuta bianca, capelli ben pettinati alla Paul Newman, il fisico slanciato e atletico.
E noi tutti, ragazzini della media Anile, troppo esili o troppo grassi, a bocca aperta ad ascoltare gli insegnamenti di questo giovane professore di ginnastica così diverso dagli altri, così moderno e innovativo, quasi rivoluzionario, capace di dare una pari dignità all’educazione fisica. Diceva: “Siamo importanti come gli insegnanti di italiano e di matematica, loro curano il cervello, noi il corpo. Ma, come dicevano i latini, mens sana in corpore sano”. Con Michele Torrusio l’ora di educazione fisica non era più un noioso riempitivo o una sorta di intervallo, ma sessanta minuti di impegno e di lavoro meticoloso e intenso.
La cura del corpo così cara ai Paesi scandinavi. E non è un caso che Michele abbia sposato una ragazza finlandese, convincendola a lasciare per amore il glaciale mare Baltico per il caldo Jonio. Moderno e internazionale anche nella vita privata.
Torrusio ha formato, educato, corretto, lanciato nell’agonismo, intere generazioni di catanzaresi. La ginnastica è stata la sua ragione vita. La passione l’ha trasferita nella sua esperienza più significativa, la mitica palestra Kines di via Crispi, a due passi dalla stazione delle “Calabro-Lucane”. In questo ambiente magico, dove guarda caso c’era la sauna finlandese, Michele ha letteralmente trasformato un ragazzo nato a Seminara ma catanzarese d’adozione, in un campione olimpionico. Parliamo di Carmine Luppino, arrivato ai fasti dei Giochi di Monaco nel 1972. Su Luppino, Michele ha lavorato con costanza, passione, determinazione per anni, perché ne aveva intuito la stoffa.
Già, la Kines che nel 1971, grazie al tandem Michele Torrusio e Zaro Galli, aveva vinto il campionato italiano per società, battendo fior di club come la Romeo Neri di Rimini, la Perseverant di Legnano, la C.A.G. di Roma e l’Amsicora di Cagliari, tanto per citarne alcune. Un autentico miracolo.
Quante altre cose ha fatto il “prof” con i baffi nella sua bellissima esistenza. E’ stato un inventore (suo il brevetto di uno speciale strumento, l’Extensor, fenomenale per correggere la scoliosi e oggetto di studio in tanti congressi medici internazionali), un musicista, un animalista amico dei cani e dei gatti, un romanziere di discreto successo (il suo “Sonia l’Albanese” ha vinto più di un premio), un subacqueo appassionato.
Per uno strano e terribile gioco del destino, proprio la passione per i fondali gli ha procurato il dolore più acuto e insopportabile che possa capitare ad un uomo: la perdita dell’adorato figlio Federico, geologo e sub, avvenuta nel 2012 nelle acque di Livorno.
Michele è sopravvissuto a quella tragedia, ma non ha perso mai la fiducia nella vita e il suo patrimonio di valori non si è smarrito.
Ci siamo incontrati spesso negli anni e ogni volta si rivolgeva a me con ironia, ricordando la polvere del Sant’Elena e l’improvvisata palestra dell’Anile: “Nella corsa non eri male, ma alla spalliera eri una frana. Non ti riusciva la verticale”. “Se hai un po' di tempo, posso sempre imparare”, gli rispondevo con affetto. “Sarebbe tempo sprecato”, la sua fulminante battuta.
Michele ci ha insegnato molto, non solo a fare gli esercizi, ci ha insegnato a credere sempre in noi stessi, a guardare la vita e il mondo da un’altra angolazione, a sfidare il futuro, a salire sui banchi come gli studenti dell’Attimo Fuggente.
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