di SERGIO DRAGONE
"Maestro, le presento il suo collega assessore alla cultura del Comune e complimenti per quello che sta facendo in Sicilia”. “Niente assessore e niente complimenti, è solo scruscio e scupa nova. Durerà poco”. Il siparietto di pochi minuti si tiene il 1° marzo 2013 nella platea del Politeama, qualche ora prima del concerto “Apriti Sesamo” – ovviamente sold out – di Franco Battiato. Lui, il Maestro, con l’immancabile gilet di lana sulla camicia bianca e lo sguardo carico di sorridente ironia. Qualche mese prima il Presidente della Sicilia, Rosario Crocetta, gli aveva conferito l’incarico assessorile allo spettacolo e turismo, puntando sul suo “carisma e sintomatico mistero”. Gli altri due “protagonisti” della scenetta eravamo io e Baldo Esposito, all’epoca assessore alla cultura, recatisi in pellegrinaggio al Politeama per portare i saluti della Città all’Immenso. La previsione dell’”assessore Battiato” si avvererà tre settimane dopo, quando Crocetta gli revocherà l’incarico in seguito alle polemiche scatenate dalle dichiarazioni del musicista sulle “troie che stanno in Parlamento”.
Un ricordo leggero e ingenuo, se volete, ma che racchiude parte della complessa personalità di Battiato, irraggiungibile e umile, conservatore e dissacratore, rispettoso e autoironico al punto da prendersi poco sul serio nella veste di assessore. Non ne ho perso uno dei quattro concerti di Battiato a Catanzaro. Ognuno è una perla da conservare gelosamente in fondo all’anima. Il primo, nel 1982, allo stadio, sull’onda emotiva dello stupefacente successo dell’album La Voce del Padrone, con il palco schierato verso la tribuna coperta. Era il Battiato che viaggiava stabilmente in testa alle classifiche, grazie al traino di singoli rimasti nella storia come Centro di gravità permanente, Summer a solitary beach, Bandiera bianca, Cuccuruccucu, Sentimento nuevo, Gli uccelli. Ricordo ancora gli spalti gremiti di gente che ripetevano a memoria i versi, inusuali e criptici, di quelle canzoni, ritmati da un sound che non si era mai sentito prima.
Poi all’Arena Magna Graecia e infine i due concerti della maturità al Politeama. Del primo, organizzato da Maurizio Senese, ho ricordato il siparietto che ha preceduto l’esibizione. Il secondo, inserito da Tonia Santacroce nel suo Festival d’Autunno, nel 2015.
E’ stato questo il Battiato che dal tappeto persiano su cui sedeva si è elevato fino alle stelle, in due ore in cui la sua musica ha dialogato con Dio, nonostante una voce impercettibilmente incerta. Si, perché Battiato, come Lucio Battisti, non aveva una bella voce, ma solo lui poteva con la sua interpretazione realizzare la perfetta alchimia tra musica e versi. E quella sera, la sua interpretazione di E ti vengo a cercare e della Cura ha superato ogni “corrente gravitazionale” per raggiungere lo spazio e la luce.
Quante lezioni ci ha consegnato Battiato! La più bella è contenuta in Prospettiva Nevski, uno dei miei brani preferiti: “E il mio Maestro m’insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”.
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