L’occasione fu quasi casuale, l’incontro con un gruppo di ragazzi che animavano un foglio politico di sinistra, Il Manifesto. Tra questi c’era un giovanissimo Marcello Furriolo, che negli anni Ottanta sarebbe poi diventato sindaco
06 marzo 2022 16:59di SERGIO DRAGONE
Nessuno come Pier Paolo Pasolini, di cui in questi giorni ricorre il centenario della nascita, ha saputo descrivere le stridenti contraddizioni della Calabria. Lo ha fatto in più occasioni, senza fare sconti, perché – come precisò nel 1959 in una lettera pacificatrice ai cittadini di Cutro (“il paese dei banditi”) – non sapeva “tirare pietosi veli sulla realtà”. La Calabria lo spaventava e lo affascinava, la considerava un deserto rarefatto dove però potevano crescere mitezza e dolcezza.
Sicuramente senza tirare veli pietosi sulla realtà, Pasolini ebbe a dare un giudizio tagliente sulla città di Catanzaro, dove si trovava – eravamo nell’aprile del 1964 – a caccia di “volti nuovi” per il film “Il Vangelo secondo Matteo". Un “volto nuovo” in effetti lo trovò: Saverio Abiuso, l’uomo che si trascinava sulle stampelle su corso Mazzini, trasformato sul set nello storpio che per miracolo ritrova l’uso delle gambe.
L’occasione fu quasi casuale, l’incontro con un gruppo di ragazzi che animavano un foglio politico di sinistra, Il Manifesto. Tra questi c’era un giovanissimo Marcello Furriolo, che negli anni Ottanta sarebbe poi diventato sindaco. Ne venne fuori una sintetica e un po' ingenua intervista, ma la cui lettura è addirittura illuminante a distanza di quasi sessanta anni.
Cosa diceva Pasolini in risposta ad una domanda del collettivo Il Manifesto?
“Sono stato più volte a Catanzaro e ho avuto sempre la stessa sensazione. Catanzaro, come tutte le città burocratiche, è una città un po’ triste e deprimente. Infatti, malgrado si trovi in un posto molto bello e piacevole, la carenza di uno sviluppo urbanistico organico, per la mancanza di un piano regolatore, le conferisce un aspetto un po’ caotico e confusionario, ma sempre grigio ed amorfo, cosa che del resto avviene in moltissime altre città italiane”.
Ma la parte più interessante dell’intervista, a mio parere, è il commento finale del collettivo (e di Marcello Furriolo), la reazione cioè a quelle argomentazioni così dure e spiazzanti, l’effetto che quelle parole senza veli ebbero su quei ragazzi pieni di sogni.
IL COMMENTO DEL COLLETTIVO IL MANIFESTO A PIER PAOLO PASOLINI
Riporto integralmente:
“Questa risposta ci lascia un po’ sgomenti proprio perché ci ha quasi illuminati, ci ha prospettato in termini duri, come del resto è il suo stile, quella che è la nostra realtà di tutti i giorni. Ha messo a nudo la piaga più profonda della nostra società calabrese, in cui i feticci della nostra borghesia ci inchiodano nelle strettoie di orizzonti culturali legati agli schemi classici di un grigio qualunquismo. E di questo andazzo siamo proprio noi giovani a pagare le conseguenze, nella impossibilità di una libertà espressiva, nella inutile lotta contro le barriere insormontabili del monopolio politico e culturale.”
In altre parole, Pier Paolo Pasolini era riuscito a gettare un sasso nello stagno culturale della città, a risvegliare nei giovani che lo avevano intervistato un’ansia di riscatto, il desiderio di un futuro migliore da conquistare con la cultura e la fantasia. Una sorta di “ribellione” alla cappa politico-culturale che soffocava la città.
Una spinta che ha portato Furriolo a scalare la politica cittadina fino a diventarne un protagonista assoluto. Più avanti si andrà negli anni, più si rivaluterà quella sua lunga esperienza, una stagione di grandi sogni e di grandi progetti, nel corso della quale si gettarono i semi di importanti realizzazioni come il Politeama e il San Giovanni. Ma, al di là delle opere pubbliche, c’era un fermento politico-culturale che non si è più ripetuto negli anni successivi. Questo ovviamente non assolve Marcello Furriolo da errori, limiti e contraddizioni che ognuno colleziona nella sua vicenda politica.
Rileggere oggi l’intervista a Pier Paolo Pasolini, nei giorni in cui in tutta Italia viene celebrata la sua opera, può servire ai giovani di Catanzaro per analizzare lo stato attuale della città e da questa difficile realtà costruire una nuova spinta verso il futuro.
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