Signor Procuratore, ci restituisca la legalità nelle tariffe in Calabria e ci liberi dall’odiosa “tangente” contenuta nelle bollette dell’acqua.
Inizia così l’accorato appello formulato dal Codacons al Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri.
I comuni Calabresi impongono supinamente ai Cittadini somme determinate in maniera palesemente illegittima da un soggetto privato, la SoRiCal SpA, società partecipata dalla Regione Calabria e dalla multinazionale francese Veolia.
Si tratta di una vera e propria truffa, perpetrata nel silenzio generale e con complicità diffuse, che ha portato i Calabresi a dover pagare tariffe maggiorate per 200 milioni di euro.
Un somma già spaventosa ma, se non si interviene immediatamente, destinata ad aumentare negli anni a venire.
Proviamo a comprendere come sia potuto accadere questo “miracolo” che ha portato alla lievitazione delle tariffe.
In Calabria la gestione degli acquedotti è stata affidata, dal novembre 2004, alla predetta SoRiCal SpA.
Il legislatore (art. 13 della legge “Galli”, ripreso integralmente nell’art. 154 della legge 152/2006), prevedeva che, per quelle gestioni nelle quali il servizio idrico non era integrato, ma avveniva in maniera disgiunta – come, appunto, in Calabria – la competenza per determinare gli adeguamenti tariffari fosse del C.I.P.E.
Una competenza esclusiva, quindi, che è sempre stata in capo allo Stato.
In Calabria, invece, come una repubblica autonoma delle banane, gli adeguamenti sono stati decisi infischiandomene delle leggi.
E così, gli anni 2004, 2005, 2006, 2007 e 2009 venivano stabiliti dalla Regione, mentre per gli anni 2008 e 2010, direttamente da SoRiCal SpA.
Un vero capolavoro di illegalità.
Ovviamente erano tutti consapevoli di aver applicato degli aumenti illegittimi.
Quando c’è da estorcere danaro ai Cittadini a queste latitudini difficilmente sorgono contrasti.
Non a caso la Regione Calabria sentì il bisogno di proporre un ricorso alla Corte Costituzionale, per rivendicare la propria competenza nella determinazione delle tariffe idriche.
Tariffe che, nel frattempo, erano lievitate a dismisura grazie anche all’atavica indolenza, mista a connivenza, degli amministratori locali.
La Corte, ovviamente, ha avuto modo di bacchettare la Regione (sentenza 246/2009), ribadendo la competenza esclusiva dello Stato negli adeguamenti delle tariffe.
La rivoluzionaria decisione ha il grande merito di aver ricordato alla Regione che le leggi statali si applicano, udite udite, finanche in Calabria.
Quindi la Regione non poteva (e non può) aumentare le tariffe, ma tutti gli aumenti applicati ai Comuni calabresi da SoRiCal SpA, a far tempo dal 2004, erano e sono illegittimi !
A stimolare gli Amministratori Calabresi a dare una parvenza di legalità alle tariffe incredibilmente gonfiate, è giunto anche un autorevole parere reso dal Comitato di Consulenza Giuridica della Giunta Regionale.
I Giuristi, nel ribadire l’assoluta incompetenza della regione a determinare gli aumenti, sollecitavano la Regione al ripristino della legalità tariffaria stabilendo che SoRiCal SpA avrebbe dovuto operare i conguagli ai Comuni calabresi “tra le tariffe concretamente applicate e quelle scaturenti da una corretta applicazione delle linee guida contenute nella ripetutamente citata Delibera CIPE nr. 117/2008”.
Praticamente un appello a restituire il maltolto.
Tutto bene quel che finisce bene?
Neppure a parlarne… in fondo siamo in Calabria e, come affermava l’on. Giancarlo Giorgetti, “della Calabria non importa a nessuno” … neppure ai Calabresi.
E così, l’Assessore regionale dell’epoca, proprio quello che dimenticò di riportare sui binari della legalità le tariffe illegali, oggi siede - per uno strano gioco del destino - sulla poltrona più alta della SoRiCal SpA.
Il socio privato, Veolià, si appresta ad uscire di scena, dopo che, per tanti anni, ha vessato i Calabresi con investimenti mai effettuati e dopo aver realizzato un piccolo capolavoro.
Caso più unico che raro, in Calabria il privato (Veolià) invece di apportare capitali, è riuscito nell’impresa di farsi finanziare proprio dai Calabresi per investimenti (che paghiamo in tariffa) mai realizzati.
Dal canto loro gli amministratori locali, fedeli ad una sorta di giuramento “omertoso”, sono rimasti silenti e ossequiosi, preferendo spalmare sui propri Cittadini il profitto del reato.
In fondo il “coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare” e poi sindaci ed assessori sono iper-impegnati ad elemosinare prebende e favori presso quel disastrato carrozzone che è, appunto, SoRiCal SpA.
Infine ci sono Cittadini che, grazie ad un sistema di “complicità diffuse”, continuano ad essere delle mucche da mungere.
Morale della favola, le sentenze della Consulta non si applicano in Calabria, perché si fermano, proprio come il Cristo di Carlo Levi, ad Eboli.
Francesco Di Lieto (Codacons)
In allegato alla lettera un comunicato stampa, sempre a firma di Francesco Di Lieto, che pubblichiamo di seguito:
"Per uno strano scherzo del destino, in questo assai bizzarro paese, si è costretti a sperare nell’intervento della Magistratura per tutelare i diritti dei Cittadini e ridurre, finalmente, le tariffe dell’acqua.
Un compito che, a ben guardare, spetterebbe ai Sindaci.
Tuttavia ignavia, indolenza se non, addirittura, connivenza e complicità, hanno finito per imporre quella che non possiamo che definire come la grande tangente sull’acqua.
Tanto a pagare, ed anche tanto, sono i Cittadini.
Circa 200 milioni di euro. Una somma stratosferica per una regione in ginocchio come la Calabria. Una somma incredibile che, nella vergognosa indifferenza generale, viene “spalmata” sull’intera popolazione.
E poiché non ci vogliamo arrendere, proprio come il mugnaio Arnold, siamo ridotti a sperare che, finanche in Calabria, vi sia un giudice.
Intanto, in attesa che sia ripristinata la legalità tariffaria, non ci stancheremo di raccontare e denunciare questa grande abbuffata consumata sull’acqua, un diritto umano universale e fondamentale per la nostra vita.
E poi chissà, magari qualche sindaco, destandosi da un atavico letargo, innescherà - come per magia - una sorta di contagio vitale.
Un riscatto “comune”, capace di portare le comunità a reagire a decenni di ricatti e di soprusi".
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