Solo le piantine di marijuana non provano lo spaccio: uomo di Montepaone assolto in Cassazione

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images Solo le piantine di marijuana non provano lo spaccio: uomo di Montepaone assolto in Cassazione

  11 aprile 2025 19:55

di STEFANIA PAPALEO

In primo grado era stato condannato a 1 anno di reclusione per detenzione di marijuana e coltivazione a fini di spaccio. In Corte d'Appello la pena era stata ridotta a 4 mesi di reclusione e 800 euro di multa tenendo conto del rito abbreviato scelto dal presunto pusher per essere giudicato. Oggi la Corte di Cassazione annulla tutto e senza rinvio. "Gli scarni elementi esposti dall’organo giudicante non appaiono idonei ad escludere la natura domestica della coltivazione", ha sostenuto la stessa Procura generale della Cassazione, per voce del sostituto procuratore generale Aldo Esposito, bocciando sonoramente la sentenza di condanna impugnata per conto dell'imputato dagli avvocati Fabrizio Costarella e Marino Sannia e di conseguenza sposando la tesi difensiva dei legali.

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In particolare, la difesa dell'imputato, un quarantaquattrenne di Montepaone, ha ricostruito l'iter giudiziario iniziato nel 2019 con l'arresto del giovane fermato per strada e trovato in possesso di poco meno di 3 grammi di marijuana. Dieci, invece, le piantine della stessa sostanza trovate nell'abitazione dell'uomo durante la successiva perquisizione, al termine della quale i carabinieri lo avevano portato in caserma a disposizione dell'autorità giudiziaria. Da lì il primo processo sfociato nella condanna per detenzione di marijuana e coltivazione a fini di spaccio di sostanza stupefacente, salvo in Appello restare in piedi solo l'accusa di coltivazione, avendo dimostrato gli avvocati dell'imputato che la marijuana trovata in possesso di quest'ultimo era destinata a uso personale. 

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Le piantine, dunque, sarebbero state coltivate per immetterne il prodotto nell'illecito mercato della droga, ma nessun strumento professionale e destinato a tal fine sarebbe stato trovato in casa al momento della perquisizione, hanno sostenuto gli avvocati Costarella e Sannia nel ricorso in Cassazione, forti di una recente sentenza dei Supremi giudici in cui si distingueva proprio tra coltivazione finalizzata a uso personale e coltivazione a fini commerciali, riuscendo a far rientrare l'ipotesi del proprio cliente nel primo caso.

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E la Procura generale gli ha dato ragione, così come sicuramente lo avranno fatto anche i giudici Supremi che hanno rimandato imputato e legali a casa con in tasca una sentenza annullata.

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