Sparò ad un "collega" cacciatore durante una battuta di caccia ad Amato, condannato

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images Sparò ad un "collega" cacciatore durante una battuta di caccia ad Amato, condannato
Il Tribunale di Catanzaro
  13 novembre 2019 18:14

OTTO mesi di reclusione e un risarcimento danni alle parti civili per la cifra complessiva di 850.000 euro. Si è concluso così il processo al cacciatore catanzarese che il 30 dicembre 2017, nel corso di una battuta alla caccia al cinghiale nel Comune di Amato, aveva  accidentalmente colpito un altro cacciatore provocandone la morte immediata.

I fatti sono avvenuti nel pomeriggio del 30 dicembre 2017 quando una squadra di cacciatori stava braccando dei cinghiali in una località montana del comune di Amato, fatti che avevano sconvolto il piccolo centro Catanzarese dove la vittima era conosciuto e stimato da tutti.

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La vittima era il capo squadra, Giuseppe Mamone  64 anni, che venne raggiunto da un colpo di carabina calibro 38 in uso ad altro cacciatore  Giuseppe  Scialpi,  anche egli esperto in armi. Secondo l’accusa lo sparatore non solo si sarebbe spostato dalla posizione a lui assegnato dal capo squadra ma avrebbe sparato senza avere le perfetta visione del bersaglio.  Al processo, celebrato oggi nelle forme del rito abbreviato davanti al Giudice  Paola Ciriaco, si sono costituti parte civile i familiari della vittima, patrocinati dall’avvocato Anselmo Torchia, mentre l’imputato era difeso dagli avvocati Enzo De Caro ed Armodio Migali.

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Secondo i difensori, l’imputato non aveva mai abbandonato la propria postazione mentre, a loro dire, vi era la prova che la vittima non aveva comunicato agli altri cacciatori la propria postazione e che anzi egli era solito spostarsi da una parte all’altra dell’area sulla quale si svolgeva la battuta di caccia. Sempre a dire dei difensori la vittima non indossava il prescritto gilet di colore arancio ed anzi indossava un gilet di colore verde ed un cappello di colore grigio rendendosi così difficilmente individuabile dagli altri cacciatori.

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Il processo si è concluso con la condanna di  Giuseppe Scialpi, con la sospensione condizionale della pena.

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