Speziali: "Il Presidente, il Generale e lo Stato"

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Vincenzo Speziali
  18 ottobre 2022 18:06

 

di VINCENZO SPEZIALI

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Un uomo che viene dalla sinistra e possiede, notoriamente, un elevato spessore culturale, mi riferisco al Prof. Valerio Donato -con cui ho avuto la possibilità di chiarire, dal punto di vista politico (giammai personale!), i motivi che non mi fecero convergere a favore della sua candidatura a Sindaco (epperò dimostra, come non mai, quanto egli sia una preziosa risorsa a favore della città di Catanzaro)- dicevo proprio lui, la scorsa settimana, ha ascoltato, mentre discorrevamo (persino in virtù di un'attuale e comune militanza nel polo riformista di Renzi e Calenda), i miei forti 'risentimenti' avversi alle Brigate Rosse e ad un'intransigenza di quegli anni e, segnatamente, nella vicenda del compianto Presidente Moro (Moro, sempre Moro, solo Moro!).

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La questione -come tutti sanno!- brucia a molti e a me in modo particolare, quindi sarebbe, perfettamente inutile, girarci attorno, poiché è una (triste) vicenda, la quale ritorna ciclicamente, soprattutto in queste settimane. Esse sono di preludio alla messa in onda, sia della fiction di Bellocchio -a sua volta tesa a trattare, dal un punto di vista, discutibile e censurabile, la tragedia del migliore Statista italiano di tutti i tempi- sia quell'altra opera biografica (e mi si dice fatta bene, differentemente dal regista di cui prima), che racconta il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, l'eroe italiano per antonomasia (ed anche in questo caso, come in quello del Presidente, non nascondo un mio 'coinvolgimento' emotivo, a fronte di affetti sinceri, ancorché veri e pure personali!).

Difatti, sto leggendo con molta, ma molta attenzione, un libro sul Generale, scritto da Vittorio Coco ed edito da Laterza ( "Il Generale Dalla Chiesa, il terrorismo, la mafia"), dove vi è una ricostruzione incredibilmente efficace -condensata con giusto mezzo e rigoroso ossequio- circa la vita di questo meraviglioso 'Servitore dello Stato', il quale ebbe, credibilmente, la capacità di rasserenare e far sentire difeso un popolo tutto -cioè l'assoluta maggioranza degli italiani, che erano dalla 'parte' giusta, ovvero da quella delle istituzioni da costui difese- senza menar di enfasi, oppure dando per scontato un concetto non ovvio e assimilato, in quegli anni di specie.

Il Generale, partecipando a delle riunioni, nei giorni tristi del sequestro Moro, non si capacitò mai, per quale motivo nessuno prendesse in serio esame, l'aspetto militaresco dell'operazione brigatista e già ciò direbbe molto.

Vieppiù una mia intima sensazione dal retrogusto amaro, la quale mi riprometto di discuterne -alla prima occasione possibile- con un caro amico, nonché mio illustre predecessore alla guida del Movimento Giovanile, ovvero Marco Follini, che in quel tempo coevo, era proprio lui ad esserne il leader.

Vado al dunque: è il mondo dei giovani -gli stessi giovani a cui il Presidente, così come il Generale, guardavano con fiducia ed attenzione, ovvero l'universo mondo giovanile (e men che mai, giovanissimo)- che avrebbe dovuto e potuto, imporre un punto di vista serio ed imprescindibile, nel nostro Partito, cioè la DC, poiché i terroristi, 'chimavano' i loro coetanei -perciò i giovani, soprattutto - alla raccolta, attorno a quelle loro malsane idee, di lotta (armata), sovversione e morte.

Avrebbe dovuto il 'mio' Giovanile (di cui all'epoca, per ovvi ed eminenti, motivi anagrafici, non potevo esserne parte, ma che poi ho guidato, con onore, anni dopo) a pungolare il Segretario Nazionale (cioè Benigno Zaccagnini, di cui Franco Cimino, rispettandolo ma non condividendolo, è tanto affascinato) e assieme a Zaccagnini, si doveva spronare l'intera Direzione della Democrazia Cristiana.

La vera occasione persa, è persino e soprattutto, non aver dato quel riconoscimento -specioso, capzioso e artificioso- a cui le BR tenevano tanto, condannando il Presidente al suo triste destino, ma al contempo confermando lo stigma della sua persona: vissuto da Santo e morto da Martire!

Quale sovvertimento ne sarebbe disceso? Nessuno, poiché, bisognava solo testimoniare quanto stava accadendo, cioè un assalto alle vestigia dello Stato, da parte di criminali, golpisti e fanatici, assassini e persino traditori della patria (considerando le svariate infiltrazioni, di cui erano oggetto!).

Il Paese -inteso, per istituzioni e popolo- era insidiato, perciò si poteva dire, così, testualmente, semplicemente (senza perdere nessuna faccia), bensì con atto di chiarezza ed onestà: "ci avete attaccato? Risponderemo! Siete contro le scelte ufficiali, la stragrande maggioranza degli italiani? Difendiamo noi i cittadini e li rappresentiamo, pure e a ben donde! Sostenete di essere voi dalla parte del proletariato? Lo vedremo, ma così non è, poiché avete contro, pure tutti i sindacati e gli la quasi 'stratotalita`' degli operai".

Ecco, è ciò che avrei detto come Segretario Nazionale del Movimento Giovanile DC, qualora fossi stato io, ma lo dico ora, dopo anni, senza colpa ma pur sempre convinto, che non è mai troppo tardi.

Lo dico, pensando al Presidente, ai miei dialoghi con lui, sempre fitti e ancora più intenso nella preghiera quotidiana.

Non sono un uomo di destra, né conservatore, semmai un popolare democratico cristiano ed interclassista, con una visione scelbiana della difesa dello Stato, una impostazione andreottiana del governo, una praticità dorotea della politica, una cultura demitiana delle riforme, una scelta di campo degasperiana dell'atlantismo, una caratterialità fanfaniana dal punto di vista sociale, una mitezza forlaniana per affrontare il tutto, poiché fu proprio Moro (Moro, sempre Moro, solo Moro) ad insegnarci di pensare non solo le cose che stiamo facendo, ma anche e soprattutto, quelle che faremo.

E poi, già poi, sono quel che sono, coerente, sicuro e fiero, della mia identità, perché forte come il Pollino, come la Sila, anzi come il mio Aspromonte!

 

 

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