di FRANCESCO IULIANO
Cinque anni di esperienze professionali in 80 pagine. È quello che il professore ordinario di Anatomia umana presso l’università Magna Graecia di Catanzaro, Tullio Barni, ha raccontato nel suo lavoro di esordio nella narrativa, dal titolo “Il giorno e la notte. I ritmi dell’anima. Memorie di una guardia medica”.
Il volume è stato presentato nel corso di un incontro organizzato dalla libreria Ubik – del quartiere marinaro di Catanzaro - ed allestito negli spazi esterni del MuMak, il Museo del Mare di Caminia, nel complesso turistico Blanca Cruz. Ha dialogato con l’autore l’ex giornalista Marielaura Frecom.
«Un libro – ha detto in apertura Marielaura - da leggere senza interruzioni sotto l’ombrellone, che racconta le proprie esperienze nei cinque anni di Guardia medica. All’inizio mi ero riproposta di non voler capire il dietro di quello che Tullio Barni voleva raccontare. Invece, in quelle pagine, ho trovato una pennellata sia della conoscenza dell’uomo sia del modo di vivere delle persone che, trovandosi in difficoltà, si rivolgono alla Guardia medica».
Tutto nasce dal ritrovamento casuale dei suoi appunti che annotava quando, negli anni ‘80, era un giovane medico di Guardia Medica. Racconti ritrovati quattro anni fa, dopo la morte della madre e conservati in una vecchia borsa nella sua residenza in Toscana.
«Una borsa – ha detto il professore – che ho portato in Calabria dove ormai vivo da oltre venti anni. E’ stata mia moglie, che dopo aver letto quegli appunti, mi ha convinto a pubblicarli raccogliendoli in un libro».
Nel libro, Tullio Barni, ha rivolto alcuni riflessioni a quanti svolgono il lavoro di medico di Guardia di notte e nei giorni festivi. «L’alternarsi del giorno e della notte – ha commentato - mette in evidenza che durante il giorno noi tutti indossiamo maschere che cercano di nascondere, o quantomeno non rendere completamente trasparente agli altri, quello che realmente siamo, mentre la notte, al contrario, nel momento del bisogno, quando abbiamo l’urgenza di parlare con qualcuno o comunque sentiamo la necessità che qualcuno si prenda cura di noi, dismettiamo le nostre maschere diurne per riappropriarci del nostro io e divenire quelli che realmente siamo. E’ proprio vero che la notte segue il giorno e il buio la luce? Oppure siamo noi che illuminiamo le cose e poi le nascondiamo nell’oscurità?»
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