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Storie di rientri in Calabria. Vincenzo torna a Squillace: "Mettetevi nei nostri panni e non trattateci da untori. Anche i vostri figli potrebbero partire"
03 maggio 2020 22:14
di VINCENZO PANAIA*
Vorrei solo dire una cosa: Sono uno di quelli. Sì, scenderò giù, tornerò nella mia amata Calabria. E come me tanti altri. Scendiamo perché dopo due mesi di quarantena forzata, noi ragazzi che lavoravamo al “nord”, purtroppo non ce la facciamo più. Non riusciamo più. Vorremmo tutti rimanere per evitare qualche contagio accidentale. Ma purtroppo non possiamo.
Ai leoni di tastiera tengo a dire un po’ di cosette: non siamo tutti malati, non trattateci da untori per favore; non siamo scellerati, faremo quello che c’è da fare, quarantena e tutto. Quando ci dite che non meritiamo di tornare, solo perché avremmo ABBANDONATO la nostra Terra, rileggete ciò che avete scritto e provate a pensare ai vostri figli, i quali magari in futuro avranno bisogno di andar via, come noi. Poi, provate un po’ di vergogna. Sicuramente non andremo in giro a sputare, tossire e starnutire sui vostri cari, perché a quanto pare siete tutti convinti che è quello che faremo.
Provate, per mezzo minuto, a mettervi nei nostri panni. Agli squillacesi: giorno 19 sarò in paese. Mi chiuderò in casa, farò in modo di non avere contatti nemmeno con i miei genitori, stiamo provvedendo per come fare. E non perché ho paura che veniate sotto casa a lanciarmi le pietre, perché è giusto così e il rischio contagio, diciamocelo, c’è. Se c’è da fare un tampone, sarò felice di farlo, così come il test sierologico. Se tutto va bene, giorno 2 giugno potrò riabbracciare i miei cari, i miei amici e la mia ragazza. E a voi che mi criticherete, sarò felice di offrirvi anche un caffè.
*squillacese classe '92,
lavora in proprio, a Siena,
nell'ambito della grafica e dello sviluppo web.
Musicista per passione
