Il 45° suicidio in uniforme dell'anno. Una strage silenziosa di uomini e donne ignorata da chi dovrebbe evitarla.
Non facciamo in tempo a piangere un collega morto suicida che un nuovo ferale annuncio sconvolge tutti noi appartenenti alle Forze dell'Ordine.
Un tragico bollettino di morte che tuttavia non scalfisce, al di là delle retoriche frasi pronunciate nelle cerimonie ufficiali, una gerarchia scollata dalla realtà che, contornata da attendenti, autisti, aiutanti di campo e stuoli di cavalieri serventi destinati a soddisfar capricci, continua a non preoccuparsi del disagio del personale, le cui istanze rimangono un disgustoso rumore di sottofondo per chi è troppo impegnato a compiacersi di se stesso e del proprio ruolo apicale, riluttante a porsi in discussione e cambiare il proprio approccio ascoltando concretamente le voci del personale.
Le gloriose forze di polizia, un tempo esempi di etica e di dedizione assolute, dove i comandanti onoravano il loro ruolo ed alla durezza delle condizioni lavorative e della disciplina coniugavano il rispetto e la considerazione concreta per i propri uomini, sono state trasformate in veri e propri reami, con principi, corti, feudi e gran ciambellani votati a tutelare singoli baronati e privilegi ottocenteschi, invece che lavorare per il benessere dei militari, considerati sempre più dei sudditi, quando non degli schiavi, che non devono aver pensiero alcuno se non quello di ubbidire.
Così accade che un maresciallo aiutante della GDF, Beniamino Presutti, di appena 50 anni, con 29 anni di servizio, ottenga un trasferimento richiesto per anni. Tuttavia il nuovo incarico non tiene conto di aspirazioni, competenze e specializzazioni. Quindi se dopo trent'anni vuoi andare vicino casa ti tocca accontentarti e tornare a fare i turni da 12 ore altrimenti non devi rompere.
E non importa se l'incarico c'è o se lo occupa qualcuno altro senza titolo, t'arrangi.
La drammatica lettera lasciata dal maresciallo Presutti prima dell'estremo gesto contiene tutti gli elementi che sono origine di mal governo del personale: istanze di trasferimento non accolte; impiego che non tiene conto delle personali attitudini e formazione professionale; scollamento tra i dirigenti e il personale dipendente, gestito come un numero utile a occupare una casella.
Un dramma che si ripete ogni volta in cui la classe dirigente non tiene conto che un operatore di polizia vuole sentirsi utile alla sua comunità, ha aspettative personali e professionali che non possono essere ignorate da chi decide dall'alto di uno scranno feudale il dove, il perché ed il come un finanziere, un carabiniere o un soldato debbano lavorare!
La gerarchia militare, che un tempo teneva in considerazione le persone, oggi le equipara a numeri, a pratiche da archiviare, a caselle da riempire secondo la propria convenienza.
Una "massa di manovra" che non può chiedere o pretendere il riconoscimento di diritti, che non sia concesso come grazia dalla Maria Antonietta di turno!
La scala gerarchica, un tempo non troppo lontano, condivideva i problemi del personale, conosceva i suoi uomini e donne, li affrontava con lealtà. Oggi la decantata “azione di comando” viene esercitata solo in chiave repressiva, senza tener conto delle attitudini o delle aspirazioni del singolo professionista militare.
Ciò che conta è che il contenitore sia bello e lustro, poco importa se di fatto risulta vuoto e arido.
Si pensa a propagandare sicurezza statistica, numeri, percentuali da snocciolare alle feste del Corpo, diventato ormai un brand da esportare, senza contare come si sia arrivati a quei numeri e soprattutto se l'attuale organizzazione di polizia sia orientata più alle statistiche burocratiche che al reale contrasto criminale ed alla vicinanza al cittadino.
L'aggiornamento professionale spesso è apparente, nullo, propedeutico solo ad archiviare la pratica ed a far quadrare le carte.
È richiesto soffrire, essere duri, perché non è ammesso avere fragilità o problemi familiari altrimenti - dicono tronfi i Dirigenti – sceglievano un’altra professione.
È esattamente questo l'approccio che hanno centinaia di solerti dirigenti militari. Gente profumatamente pagata per risolvere problemi, per "governare il personale", per "ammaestrarlo", usando i termini cari alle burocrazie di forza armata. E sembra proprio che questi zelanti nuovi principi così avvezzi a produrre circolari che vorrebbero regolare anche buon senso, si siano così allineati a tali locuzioni da pensare che governo del personale significhi "governo delle bestie" o ammaestramento delle scimmie!
Lor signori non si rendono conto che dall'alto dei loro galloni dorati, degli autisti e segretari in perfetto assetto formale, esistono padri di famiglia che fanno i conti tutti i mesi e che se prima trovavano la soddisfazione in un lavoro duro ma bellissimo, oggi sono frustrati dall'appartenenza ad istituzioni che pretendono di stabilire le modalità esecutive di quel lavoro a prescindere dal contesto sociale e dalle aspettative del personale.
La lettera di beniamino è la dimostrazione plastica di quanto accade nelle forze di polizia e nelle forze armate. Migliaia di militari che ogni giorno si imbattono in amministrazioni sorde e cieche anche in presenza di situazioni personali gravissime che nei rari casi in cui vengono risolte, ciò accade per bonaria concessione, per raccomandazione e non per diritto!
Da qualche mese qualche solerte generale ha stabilito addirittura che chi dorme in caserma non possa più neanche usare elettrodomestici come ventilatori, frigo, lavatrici, fornetti, macchine del caffè, condizionatori nelle camerate. Ti obbligano a dormire in caserma se sei in ferma volontaria, ma con 40 gradi ad agosto neanche il ventilatore ! Devi schiattare di caldo e l'acqua la bevi calda!
Dicono siano misure di sicurezza per evitare di sovraccaricare la rete! Poi però, quella rete nessuno verifica se è a norma o provvede ad adeguarla. Dormire al fresco non forgia il carattere della truppa. Contestualmente però, durante le cerimonie, gli stessi emanatori dell'ordine si riempiono la bocca di parole come " la caserma è la casa del Carabiniere"! Ci hanno dormito lor signori in una caserma rovente in provincia di Crotone o sulla piana di Gioia Tauro oppure nel trapanese tra luglio ed agosto? E ci staranno il prossimo inverno in quella "casa" dove spesso piove dentro e si gela senza poter accendere una stufa elettrica? Tutti gli addetti ai lavori conoscono le metrature degli alloggi di servizio di questi censori che decidono da Roma quanto deve consumare una caserma sull'Aspromonte, e la cosa grave è che gli ufficiali destinatari di tali bizzarre disposizioni non si assumono la responsabilità di evidenziare l'illogicità di quanto disposto, divenendo invece (per fortuna con qualche eccezione), gli inquisitori più radicali del volere supremo contro i loro collaboratori diretti!
Quanta gente deve ancora morire (per cause non riconducibili ai criminali) prima che amministrazioni che hanno fatto la storia di questa Italia, ritornino a mettere al centro i propri uomini, il loro benessere e quindi l'interesse della Nazione?
Questa segreteria regionale del NSC continuerà a denunciare atteggiamenti vessatori facendo i nomi ed i cognomi dei dirigenti che tradendo il loro ruolo rovinano l'esistenza del loro personale!
Che Beniamino Presutti abbia pace.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736