Suicidi nelle forze dell’ordine. Nsc Calabria chiede un intervento urgente del Ministro della Difesa

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  29 ottobre 2021 16:40

"Non è ancora finito ottobre e contiamo il quarantaduesimo evento suicidario tra gli appartenenti alla forze Armate e forze dell’ordine. Di questi, con un drammatico e macabro primato, 19 sono carabinieri. È incomprensibile come nessuno parli di un malessere così diffuso tra le forze dell’ordine e, in particolare, nell’Arma dei Carabinieri. È inspiegabile che né i vertici né la politica affrontino la questione in maniera seria e strutturata come la drammaticità della situazione richiederebbe". E' quanto si legge in una nota di Christian Bellè,  Segretario Generale Regionale Calabria Nsc.

"Nei rari casi in cui si accenna alla questione, - prosegue - qualche dirigente “particolarmente preparato in sociologia e psichiatria” riduce la cosa a mere debolezze causate da questioni personali. Sono sempre i soliti “problemi familiari, le donne, i debiti o la debolezza caratteriale.” Non comprendiamo per quale ragione è preclusa alle OO.SS la possibilità poter partecipare ai tavoli tecnici dove i componenti della Rappresentanza Militare, evidentemente colmi di scienza infusa e traboccanti di conoscenze psicopatologiche, continuano a sedere con non si capisce quale ruolo o funzione! Muoiono ragazzi, padri, figli, mariti e questa Amministrazione non sa fare altro che ostentare pervicacemente la migliore delle sue capacità: restare ingessata a guardare, ad aspettare, a perdere tempo in quel rigido formalismo che ne sta sempre di più contraddistinguendo il tratto".

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"C’è stato un tempo in cui era veloce, reattiva, pungente, - evidenzia - impegnata a difendere i propri uomini senza se e senza ma, mentre da qualche lustro sembra aver perso una parte di quella velocità. Già, solo una parte, perché un’altra l’ha di certo conservata se non implementata. È quella delle valutazioni disciplinari, delle denunce per reati militari risibili, delle valutazioni del profilo di impiego, dei trasferimenti per incompatibilità ambientale, delle visite psichiatriche ad ogni piè sospinto. Per cui se deve entrare a gamba tesa a valutare la posizione di impiego di un militare   per un cugino denunciato, un suocero indagato per un abuso edilizio, un nipote fidanzato con la figlia di un commerciante, la solerte Amministrazione non si fa scrupoli ad essere di una celerità agghiacciante! Come se in mezzo a tutti i drammi di un lavoro difficile ma bellissimo, ci si debba sobbarcare pure la responsabilità di azioni commesse da altri".

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"La celerità di tanti, troppi, giovani comandanti - si legge ancora - che credono di poter comandare per grazia divina, col prontuario, con un mansionario che tanto scarica la sacra responsabilità di dirigere uomini e di assumere decisioni che, inevitabilmente, coinvolgono le loro famiglie e la loro serenità. E chissenefrega se una famiglia di sfascia, se i figli non possono più andare a scuola perché nel paesino della montagna calabrese, friulana o sarda semplicemente la scuola non c’è; che problema c’è se i già precari equilibri familiari si pregiudicano gravemente. Chi se ne frega se si viene spediti a 100 km e per andare a lavorare si spendono capitali che non si hanno più. Cosa importa se per un post su FB o per una foto in costume o per un video che ritrae 10 secondi di ira dopo settimane, giorni, ore, minuti di sopportazione su strade sempre più difficili e con gente sempre più arrabbiata, si perdono le staffe. Che importa a chi legge un nome su una pratica di trasferimento se un padre con 30 anni di servizio si ritrova a 150km da casa senza sapere dove sbattere la testa. Che importa se la vicinanza al personale dei comandanti si concretizza con un rituale “mi devi dire qualcosa’”  Ma se quel qualcosa viene fuori si trasforma in un boomerang".

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"Non vogliamo impunità per chi commette reati né rinunciare ai regolamenti, - ribadisce - semplicemente vorremmo che quei regolamenti soggiacessero alle leggi e si sganciassero dall’arbitrio di chi vive col mansionario sotto il braccio a misurare la lunghezza della barba o la scarpa sporca di chi ha lavorato per 36 ore filate e tra statistiche, richieste di numeri, compilazioni di periodici e registri di sotto carico dei materiali, vorrebbe fare anche rendersi utile alla società e fare il suo lavoro da carabiniere a disposizione della gente. 19 suicidi in 10 mesi e nessuno che si interroghi sul perché. Sulle cause o sulle concause. Un suicidio non è un singolo momento di sconforto ma una lunga serie di angosce, piccole umiliazioni, ingiustizie, mancato ascolto, ma anche impossibilita di fare il proprio lavoro divenendo sempre più meccanismi di un sistema che non comprende. Nessuno che sappia andare oltre le schede da compilare per certificare lo scarico di responsabilità! Vertici distanti, che da scrivanie lucide ed alloggi di servizio sempre pronti pretendono di importi non solo gli obiettivi ma anche il modo di eseguirli. “Le cose si fanno come dico io” , non come il buon senso o il territorio su cui si opera imporrebbero. Un tempo le caserme erano famiglie, i comandanti conoscevano i nomi dei figli dei loro collaboratori, oggi si pretende che il rancio sia sempre ottimo e abbondante e chi solleva un problema diventa lui il problema". 

"L’obiettivo è il risultato, l’arresto, la denuncia, i numeri ad ogni costo. E si è tanto più bravi quanto più si contengono le spese e si soddisfano quei numeri. Questo modo di fare - prosegue ancora - ha inaridito una Istituzione secolare fondata sulla fratellanza tra soldati di strada, tra custodi di comunità. Zelanti Comandanti che denunciano la pattuglia ferma al bar per il caffè per “abbandono del mezzo militare”. Sprovveduti che non sanno che quel caffè è il primo baluardo di sicurezza sul territorio, il primo strumento di acquisizione di informazioni, il primo atto di quella prossimità tanto venduta ai media. Se non lo capiscono, non possono fare i comandanti e sarebbe meglio facessero i burocrati. E non possono farlo se non si interessano dei loro uomini, dei loro problemi, dei loro drammi e delle loro virtù perché l’ascolto tanto propalato dai vertici non può continuare ad essere una parola vuota, un contenitore senza contenuti, la solita pulizia di parata.  Siamo stufi di tanto pressappochismo e di tanta autoreferenzialità da parte di alcuni soggetti e chiediamo un intervento forte affinché ci venga data possibilità come O.S., di rappresentare le problematiche di chi vive l’Arma nelle caserme e sul territorio e non negli uffici o nei palazzi".

"Vogliamo ripartire ricostruendo, tramite il sindacato ed il confronto dialettico con l’istituzione, quelle radici unitarie alla base della solidarietà militare. Signor Ministro, Signor Comandante Generale, noi amiamo l’Arma dei Carabinieri e non tolleriamo più che dei colleghi si tolgano la vita senza che l’ Istituzione faccia tutto ciò che è in suo potere per favorire un clima che eviti certi disagi e che favorisca, anche solo indirettamente, certi pensieri. Chiediamo, pertanto, - conclude -  la possibilità anche per la organizzazioni sindacali, come avviene per la rappresentanza militare, di partecipare al tavolo tecnico per lo studio del fenomeno dei suicidi perché non c’è più tempo ed oggi, ahinoi, un altro padre, un altro marito, un altro collega, si è tolto la vita".

 

                                                                    

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