"Tantra e amore: la tela di Eros", l'opera di Grazia Bertucci letta per noi da Vanni Clodomiro

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images "Tantra e amore: la tela di Eros", l'opera di Grazia Bertucci letta per noi da Vanni Clodomiro
Vanni Clodomiro
  29 gennaio 2023 15:38

di VANNI CLODOMIRO

Grazia Bertucci, "Tantra e amore: la tela di Eros", Reggio Calabria 2022

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Premettiamo che è sempre difficile entrare nella mente e nel cuore di uno scrittore o di un poeta:  a volte, il critico riesce a vedere, o addirittura vuole vedere, anche cose che non ci sono. Perciò, non possiamo che accontentarci comunque di ciò che a noi appare, dandone un’interpretazione la più vicina possibile a quello che riteniamo essere il vero animo dell’autore.

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Il libro di Grazia Bertucci si apre con una sorta di inno all’amore, materiale o spirituale che sia non importa: la delicatezza dei sentimenti si accampa sempre in primo piano e domina tutto l’impianto. C’è una particolare frammistione, tra senso e sentimento, che offre una sensazione piacevole al lettore, e l’amore è vissuto come una delicata reciproca appartenenza, se non proprio possessione: «... ci apparteniamo come i fiori appartengono al prato, come i pesci al mare...».  Tuttavia l’appartenenza non è proprio totale: c’è qualcosa di profondo, di personalissimo, una specie di piccolo angolo riposto, che non si può condividere: non si sa se per timore o per riserbo, ma l’anima «è solo mia», dice l’A.

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Dunque, c’è una qualche stranezza nell’amore, la sensazione cioè che, al di là del corpo, l’anima può rimanere distante. O forse no, non si sa. Qui vien da pensare che le poesie della Bertuccci possano essere dettate in momenti di sensazioni quasi alternanti. E pur tuttavia, man mano, l’anima si lascia scrutare per via dei versi: qui, il momento lirico della poetessa sembra toccare il suo culmine, perché le due anime si sono "incontrate in cerca di calore" e ogni attimo, prima della fine, diventa struggente: l’abbraccio dei corpi, l’ultimo bacio col sapore delle lacrime, tutto è vissuto profondamente come un canto del cuore, dolce e suadente. Un altro dei momenti più teneri e intensi di questo libro si trova nella poesia Il mio mantra: tutto è nella sua brevità, ma anche nella la sensualità che prorompe in tutta la sua bellezza e delicatezza sentimentale, pur se si parla di corpi, tanto da dare al lettore la sensazione di un momento realissimo, vero, di un verismo però di sentimenti.

È comunque sempre un danzare del ritmo dei cuori, l’unica danza in cui si avverte il senso della reciproca appartenenza: c’è una specie di certezza dell’inevitabilità dell’amore (diremmo quasi di stampo stilnovistico e dantesco), a dispetto di tutto ciò che la vita ha in riserbo per gli amanti: anche se l’amore sembra andar via, in realtà poi ritorna, perché la forza dei sentimenti è invincibile. Persiste un legame, un legame divino che sopravvive a qualunque legame formale, frutto di un destino comunque ineluttabile. L’animo vorrebbe essere libero da ogni limite ed esprimersi nella sua pienezza, con tutta la sensualità e con tutta la corporeità di cui in ogni caso nessuno può fare a meno, anche se si tratta di momenti, di istanti, che hanno un valore profondo, forse il valore di una vita intera.

Il momento chiave è il bacio, un bacio che accende tutti i sensi, ma anche capace di rendere schiavi del desiderio: un bacio che fa rinascere a nuova vita, anche se, in fondo all’anima, un certo timore dell’abbandono non manca. Abbiamo detto che uno dei momenti migliori del libro è nella poesia Il mio mantra, ma questo non autorizza il lettore a credere che momenti simili non esistano: anzi, in qualche altro punto del libro, ci si trova davanti ad espressioni di sentimento puro, che tende addirittura al lirismo, anche se non ci sentiamo di dire che si tratti  già di lirica raggiunta e compiuta. Il tentativo però lascia ben sperare in una capacità della poetessa di vivere i sentimenti forti in modo interiormente più disteso, quasi come fossero un calore di fiamma lontana, che riscalda, non infiamma, ma consente comunque di portare il cuore a commozione, con animo più sereno e meno oppresso dall’urgenza dell’immediatezza: in amore non esiste la fretta, dice l’A., e lo dice a conclusione di questa fatica poetica.

La poesia di Grazia Bertucci non è un esercizio retorico, non è un’invenzione libresca: al contrario, è quello che si potrebbe definire un modo di essere e di sentire la vita, intesa come atto di tenera volontà spirituale, religiosamente ispirata e profondamente vissuta, tutto sommato con gioia e con animo gentile e ottimista, nonostante si avverta, qua e là, una specie di senso imminente della fine (danziamo perché domani andrai via).

In verità, in questo contrasto ricorrente tra l’amore vissuto con intensa sensualità e il senso della fine che nega la gioia (ma non per sempre), a noi sembra di avvertire un certo gioco, che sfocia talora in un tono sostanzialmente retorico: ciò, in fondo, danneggia un po’ l’incanto della forza spirituale, del tumulto interiore, ma anche della diffusa levità che sovrintende alla poesia della Bertucci.

Per quanto riguarda lo stile, bisogna dire che finalmente ci troviamo di fronte ad un’autrice che non si bea di giri di parole, o frasi contorte o criptiche (e perciò quasi sempre di difficile intelligenza), tanto care a molta sedicente poesia dei giorni nostri: anzi, l’espressione linguistica e lo stile sono piani, scorrevoli e capaci in ogni istante di rendere quasi alla perfezione ciò che risiede all’interno dell’animo della poetessa. Perciò, ovviamente anche il lettore viene attratto da siffatta semplicità, che poi è sintomo di chiarezza interiore, non certo di banalità di pensiero.

Saremmo lieti, prossimamente, di vedere magari sogni più distesi e sereni, senza quella specie di spettro dell’abbandono che qua e là comunque nel libro si avverte. Pertanto, quel tumulto di pensieri sensazioni emozioni, a testimonianza di una profonda verità sentimentale, riesce sempre di facile lettura, e talora non priva di un certo fascino.

Insomma, Grazia Bertucci offre al lettore la sensazione di un’esperienza poetica e sentimentale non ancora conclusa, ma viva e protesa verso il futuro. 

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