Si è tenuta ieri davanti al Tribunale del riesame di Catanzaro l’udienza fissata per decidere sulla fondatezza del “secondo” sequestro preventivo disposto sui beni dell’avvocato Elio Raffaele Bruno.
In particolare, dopo l’adozione della prima ordinanza cautelare, personale e reale, da parte del Gip, il Tribunale della Libertà aveva annullato sia la misura coercitiva per carenza di gravità indiziaria, sia la misura ablativa per mancanza di motivazione sul requisito del cosiddetto periculum in mora. Tenuto conto del vizio formale che aveva determinato l’annullamento del sequestro preventivo, la Procura reiterava la richiesta chiedendo al Gip di disporre una nuova misura ablativa, integrando la motivazione sul requisito ritenuto mancante dal Collegio. Il Gip di Catanzaro, in accoglimento della mozione cautelare, in data 8.11.2022, aveva disposto un “nuovo” sequestro preventivo nei confronti del predetto legale, fino alla concorrenza di 1 milione e 200 mila euro.
Avverso il predetto provvedimento hanno proposto riesame i difensori del professionista, gli avvocati Luigi Falcone e Francesco Iacopino, chiedendone l’annullamento per infondatezza dell’ipotesi di accusa, risultando la stessa sprovvista di elementi di fatto concreti e persuasivi idonei a ricondurre la condotta del professionista nel paradigma associativo oggetto di contestazione provvisoria.
In particolare, gli avvocati Falcone e Iacopino hanno evidenziato come già in sede di primo scrutinio della vicenda, il Tribunale, condividendo l’impianto difensivo, non aveva mancato di rilevare, per un verso, che alcuni elementi dovevano ritenersi “neutri”, per altro verso, che non sono “emersi fattori specifici da cui si possa desumere che il Bruno fosse consapevole del disegno criminoso” e, pertanto, “in questa vicenda, il perno attorno a cui dovrebbe ruotare la condotta contestata […] resta sempre sullo sfondo quale mero sospetto”, col corollario che “a fronte di tale quadro fattuale, qualsiasi tipo di ragionamento inferenziale sarebbe fondato su premesse incerte e contraddittorie, e, per l’effetto, non potrebbe condurre a conclusioni idonee a integrare lo standard probatorio richiesto in questa fase per la conferma di una misura cautelare”. Elementi neutri e meri sospetti, dunque, sui quali – hanno concluso i difensori – il nostro sistema non consente di edificare alcuna misura cautelare, ivi compreso il sequestro dei beni.
Questa mattina, all’esito della camera di consiglio, a scioglimento della riserva assunta all’udienza di ieri il Tribunale ha accolto la tesi difensiva, annullando anche il “secondo” sequestro e disponendo la restituzione dei beni all’avente diritto.
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