Toghe corrotte, operazione "Genesi". A Salerno il giudice Petrini condannato a 4 anni e 4 mesi di reclusione. Tornerà libero

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images Toghe corrotte, operazione "Genesi". A Salerno il giudice Petrini condannato a 4 anni e 4 mesi di reclusione. Tornerà libero
Marco Petrini
  23 novembre 2020 13:04

di EDOARDO CORASANITI

Dopo 10 mesi dall'arresto arriva la sentenza da Salerno: il giudice Marco Petrini è stato condannato a 4 anni e 4 mesi di reclusione, il medico Emilio Santoro a 3 anni e 2 mesi; per l'avvocato Francesco Saraco 1 anno e 8 mesi (pena sospesa). Tutti e tre sono imputati nell'ambito del processo "Genesi".

Il magistrato Petrini, che tornerà libero da oggi pomeriggio come anche Santoro, è stato condannato anche a pagare la somma di 311mila euro  a titolo di riparazione pecuniaria al ministero della Giustizia, mentre 260mila sarà la cifra che dovranno versare Saraco e Santoro.

Tre anni e 6 mesi è la sospensione dai pubblici uffici per Petrini; tre anni Santoro e un anno Saraco.

Per un capo di imputazione (l'acquisto di una Smart da parte di Santoro e Saraco e da destinare a Petrini) i tre imputati sono stati assolti perché il fatto non sussiste.

Determinante questa mattina è stata la perizia medico legale tirata fuori dall'avvocato Calderaro che ha dimostrato come Petrini, seppur al momento dei fatti era presidente della Corte d'Assise d'Appello di Catanzaro, di fatto era affetto da un "disturbo complesso" di cui nessuno era a conoscenza, nemmeno egli stesso tanto. Circostanza che oggi ha convinto il giudice  di Salerno ad assolverlo per alcuni fatti contestati e per altri applicargli il minimo della pena.


A fine ottobre il Il pubblico ministero Luca Masini al giudice Vincenzo Pellegrino invoca la reclusione a 6 anni, 5 mesi e 10 giorni per Marco Petrini, il magistrato della Corte d'Appello di Catanzaro e presidente della Commissione tributaria accusato di corruzione in atti giudiziari. In questo filone del procedimento ci sono anche il medico Emilio Santoro (detto Mario) e l'avvocato Francesco Saraco. Il primo è ritenuto il faccendiere, il tramite degli episodi corruttivi per accedere al giudice Petrini. Per la Procura di Salerno e i finanzieri che concludono l'indagine il 15 gennaio scorso, l'avvicinamento per sentenze e ordinanze sarebbe passato attraverso denaro, orologi, viaggi, biglietti degli incontri di calcio.

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Il secondo è figlio di Antonio Saraco, finito in carcere per vicende di criminalità organizzata. Il legale di Badolato si adopera e cerca canali per "proteggerlo ed evitare che la detenzione potesse portarlo alla morte", avrà da dire nell'udienza dell'11 settembre quando ammette le sue colpe. 

Per Santoro, il pm ha chiesto 5 anni e 9 mesi di reclusione, mentre per Saraco 2 anni e 9 mesi e 10 giorni.


GENESI
L'operazione scoppia il 15 gennaio e l'esplosione colpisce 15 indagati accusati, a vario titolo, di far parte di un sistema corruttivo all'interno delle aule di giustizia di Catanzaro. Tra le carte, ci sono presunte tangenti e favori (anche sessuali) per ottenere provvedimenti giudiziari favorevoli.

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La Procura procede fin quando non viene disposto il rito immediato per 7 imputati. Tra questi, Petrini (difeso dagli avvocati Francesco Calderaro e Agostino De Caro), Saraco (difeso dall'avvocato Nico D'Ascola) e Santoro (difeso dall'avvocato Michele Gigliotti) scelgono il rito abbreviato. Tutti e tre finiscono in carcere ma il tempo, l'alleggerimento delle esigenze cautelari e la collaborazione con i magistrati determinato la mutazione delle misure. Petrini inizia a parlare con i magistrati (ritrattando e poi tirandosi indietro rispetto ad alcune accuse consegnate ai pm di Salerno) e ora vive agli arresti domiciliari in un santuario di Decollatura (vicino Lamezia Terme), ma che da oggi pomeriggio tornerà libero. Ai domiciliari anche Santoro; Saraco invece è all'obbligo di dimora. 

Gli altri 4 restano in ordinario. Si tratta dell’imprenditore di Cariati Vincenzo Arcuri, l’imprenditore crotonese Luigi Falzetta e l’ex consigliere regionale Giuseppe Tursi Prato, di Cosenza, difeso dall'avvocato Franz Caruso.

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