di SALVATORE BELFIORE
Lungi da me proporre una polemica che potrebbe apparire sterile ai più, ma i fatti ai quali continuiamo ad assistere nella nostra città mi spingono ad espormi. E’ da mesi che la nostra amministrazione comunale propone progetti di “riappropriazione culturale” spacciandoli per “piani identitari” propri della nostra cultura di popolo e cittadina…Alludo alla famosa e criticata campagna di “city branding” e poi al progetto di “toponomastica” : “Duva ni vidimu”, presentata come rivoluzione vernacolare /progetto grafico…Ora, senza voler entrare nel merito della definizione etimologica del termine: “identità”, mi preme sottolineare che nessuno oserebbe identificarsi né in un logo dai caratteri grafici poco riconoscibili e chiari, né tantomeno in una toponomastica riveduta, che oltre a porre l’attenzione a luoghi dalla scarsa storia cittadina, è anche prodotta con evidenti errori grammaticali e risulta anche fuorviante e inutile se consideriamo gli effetti che potrebbe avere su un ipotetico turista che giunge nella nostra città e si ritrova davanti due cartelli stradali che hanno diciture diverse. Non è neanche una trovata geniale e “originale” considerato che in Italia:” Nel 2002 la Regione Liguria, nell'ambito dell'attività del Centro per i Dialetti e le Tradizioni popolari - Cdt, e l'Istituto internazionale di Studi liguri ha sottoscritto una convenzione per avviare congiuntamente un progetto di registrazione e censimento dei toponimi su tutto il territorio regionale, con specifico riferimento alle denominazioni tradizionali e dialettali. I nomi di luogo tradizionali rappresentano un patrimonio culturale di notevole valore per la storia locale e per quella linguistica ma anche per quella della gestione del territorio e dell'attività lavorativa tradizionale….” https://www.regione.liguria.it/homepage-cultura/cosa-cerchi/progetti-pubblicazioni/progetti-conclusi/toponomastica-dialettale.
Come anche in altri comuni della nostra regione (ad esempio quelli nei quali sono presenti minoranze etnico/linguistiche, è stata presentata una cartellonistica che prevede il nome delle vie in italiano, in inglese e in grecanico (es. Bova). Avere progettato e istallato cartelli con le scritte: “Stella…giardini…rotatoria... POLPOSISCION…MOTELLAGIP…STANDA…” che senso ha? Non sono termini dialettali e la trascrizione fonetica (oltre a riproporre marchi di AZIENDE tutt’ora attive…) non sono espressione del nostro dialetto. Cosa ancora più grave per la comunicazione pubblica e istituzionale di un capoluogo di Regione è che sono anche trascritti senza alcun rispetto della lingua italiana (quando si trascrivono termini dialettali o simil dialettali dovrebbero essere scritti in CORSIVO…) e inoltre dovrebbero avere accanto una dicitura esplicativa del progetto. Sarebbe questa l’identità culturale che la nostra amministrazione vorrebbe comunicare alla collettività e agli sparuti turisti che già annaspano sia per motivi di viabilità che per carenze strutturali di fondo quando arrivano nel nostro capoluogo?
Ci sarebbero stati altri luoghi e spazi storici e caratteristici sui quali poter usare le definizioni dialettali che avrebbero potuto rappresentare un quid identitario dal valore condiviso. Ma forse le dinamiche di “amichettismo”, termine coniato da Fulvio Abbate e reso celebre dal presidente Meloni, hanno accecato i nostri amministratori che hanno misteriosamente tralasciato la possibilità di rivolgersi ai moltissimi operatori culturali della città, i quali molte volte, agiscono nel più totale anonimato, ma spinti dal reale desiderio di valorizzare l’identità del nostro capoluogo. Spiace constatare che il nostro sindaco Fiorita, a parte la levata di scudi per la richiesta di una sede Rai distaccata a Catanzaro oltre che di un osservatorio di vigilanza (rimasta del tutto sterile e inascoltata…) sembra essere del tutto impermeabile ai continui e ripetuti assalti, spoliazioni scientifiche e trasferimenti a Cosenza delle nostre strutture di eccellenza universitaria e medica…Come anche alla data della riapertura al pubblico della funicolare cittadina (anche quello un simbolo caratteristico, -identitaria- del nostro territorio…) Non sarebbero stati questi eccellenti e validissimi motivi per appellarsi al rispetto e alla salvaguardia di una VERA identità culturale e territoriale?
E non sarebbero stati questi poderosi argomenti che i vari carrozzoni dei giullari di corte cittadini, avrebbero potuto utilizzare per la loro satira? O a Catanzaro la satira politica è morta con l’amministrazione Abramo? Da quando c’è Fiorita, nonostante gli innumerevoli disservizi/incongruenze e discontinuità amministrativa/rimpasti/magheggi di sopravvivenza e incoerenze, sembra che nessuno possa e senta il dovere di farlo notare alla cittadinanza, con uno sketch, un video o una banale battuta? Ogni dissenso palese o velato, anche sui social, viene bollato come “disamore” per la collettività o come “invidia” nei confronti degli amministratori. Persino il carattere preso in prestito dalla commedia dell’arte che viene a forza presentato come “maschera identitaria” del nostro capoluogo, presenta delle caratteristiche con le quali, personalmente, fatico a trovare una identificazione :” Dai suoi atteggiamenti, dal suo modo di parlare, Giangurgolo appare come il tipico signorotto ricco, gradasso, spaccone, spavaldo, come colui che esige rispetto senza darne in cambio dalle persone più umili e assumendo, di contro, davanti a chi può rappresentare un pericolo o una minaccia, atteggiamenti di riverenza e umiltà rasenti alla sottomissione e sempre ruffiani ed adulatori. https://it.wikipedia.org/wiki/Giangurgolo...i
I patetici e meschini giullari di corte, dal celebre Rigoletto al più moderno Beppe Grillo, quando si sono prestati alla politica per motivi tra i più disparati, non hanno mai fatto una bella fine e soprattutto non hanno reso mai una reale servizio disinteressato e di valore alla collettività. Forse la squallida identità di cartone a cui si appella questa amministrazione, puzza di trippa e ha le labbra sporche di sugo e si compiace, ahimè, dei soli risultati calcistici, ma rappresenta davvero una vergognosa offesa all’eredità culturale, umanistica e medica di chi ci ha preceduto. Ad oggi, non c’è davvero nulla su cui poter ridere.
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