Torna in cella il boss della 'ndrangheta di Reggio Calabria Rocco Filippone, era ai domiciliari per ragioni di salute

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images Torna in cella il boss della 'ndrangheta di Reggio Calabria Rocco Filippone, era ai domiciliari per ragioni di salute
Rocco Santo Filippone, 72 anni
  30 maggio 2020 13:23

Torna in cella un altro dei boss finiti ai domiciliari per ragioni di salute .

Si tratta di Rocco Filippone esponente della 'ndrangheta, che era stato posto ai domiciliari per ragioni di salute e che aveva chiesto il ricovero in Ospedale. Il ritorno in carcere è legato al decreto del ministro Bonafede che ha previsto la rivalutazione dei casi di scarcerazione legati all'emergenza Covid e all'intervento del Dap , che ha trovato un posto nel carcere di Bari,dove a Filippone può essere prestata assistenza specialistica. 

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Leggi qui. Coronavirus. A rischio contagio Covid, la Corte d'Appello concede i domiciliari ad un boss della 'ndrangheta di Reggio Calabria

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Filippone era detenuto nel carcere di Torino. Ma era stato posto ai domiciliari perchè era stato ritenuto a rischio di contagio da coronavirus per le sue condizioni di salute e la sua età (ha 80 anni).

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A decidere ora il suo ritorno in carcere è stata la Corte d'Assise di Reggio Calabria su richiesta del pubblico ministero e dopo una perizia che ha evidenziato che le condizioni di salute di Filippone - che soffre di una cardiopatia ipertensiva e di altre patologie e porta un pace maker - sono compatibili con il carcere. A condizione però che sia detenuto in una struttura "dove sia disponibile assistenza medica e l'appoggio di un ospedale dove il paziente possa essere seguito dal punto di vista cardiologico". Struttura che il Dap ha individuato nel carcere di Bari, per la sua "ampia offerta specialistica interna ed esterna" e per il "tasso epidemiologico più contenuto nella regione Puglia". Determinante per la decisione il fatto che secondo la Corte restano "sussistenti" le originarie esigenze cautelari per cui era stata disposta la detenzione in carcere. E in particolare rimane "il pericolo di reiterazione" dei reati contestati alla luce della loro "gravità" e della "personalità dell'imputato, già condannato per reati contro il patrimonio,detenzione illegale di stupefacenti e di armi". Pericolo che, scrivono i giudici, non può ritenersi attenuato dal lasso di tempo trascorso dal momento della sottoposizione al provvedimento restrittivo".

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