di EDOARDO CORASANITI
“Un solido quadro indiziario per cui non è ipotizzabile l’eventualità che il contraddittorio instaurato all’udienza preliminare possa portare ad una sentenza di proscioglimento”.
Ad interrogatori ultimati, scrive così il giudice dell’indagine preliminare Alfredo Ferraro per mandare a processo tramite giudizio immediato 10 indagati nell’ambito del procedimento “Quarta copia” , che lo scorso 6 dicembre ha portato all’emissione di 20 misure cautelari, tra carcere, arresti domiciliari e obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e che dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti ed inquinamento ambientale. Tre società interessate, tra cui una di Gizzeria e una di Bologna.
E’ Lamezia Terme la meta dei traffici di rifiuti che per circa 15 anni arrivano nella cava Liperota, in località San Sidero e nella Cava Parisi.
Secondo l’accusa sostenuta dai sostituto procuratori Corrado Cubellotti ed Elio Romano, quindici anni di smaltimento di rifiuti senza autorizzazioni, scavando buche di notte e riempendole di rifiuti. In mezzo, tra gli affari e l’inquinamento, la salute delle persone che quelle sostanze tossiche le ingeriscono, le mangiano, le bevono.
Con eventuali responsabilità ancora tutte da accertare nel processo. Si passa dunque dai promotori del presunto traffico di illeciti e avrebbe instaurato rapporti commerciali società produttrici, a chi avrebbe guidato i mezzi da portare abusivamente nelle buche, passando a coloro che chiudevano un occhio di fronte alla trasformazione di un fondo ad una discarica abusiva.
E le quantità di rifiuti spesso si leggono con cifre a 3 terzi: 15 mila, 20 mila, 25 mila, 28 mila chilogrammi di rifiuti portati di volta in volta e lasciati nelle buche.
Il giudizio immediato, che prevede l’assenza dell’udienza preliminare in caso di evidenza della prova e comunque entro 180 dall’emissione della misura cautelare, si dovrebbe tenere il prossimo 7 aprile 2020 nel Tribunale di Lamezia Terme e riguarda 10 indagati (ormai imputati). In quella sede chi è finito tra le carte delle Procura guidate da Nicola Gratteri e Salvatore Curcio potrà provare che le accuse sono infondate o che la loro responsabilità penale non esiste.
E in particolare:
Bova Maurizio Antonio, 1978, difeso dall’avvocato Ferdinando Camera;
Romanello Angelo, 1984, difeso dall’avvocato;
Sacco Domenico Antonio, 1994, difeso dagli avvocati Alessandro Parisi e Pietro Bertone;
Villella Assunta, 1974, difesa dagli avvocati Alessandro Parisi e Francesco Gambardella;
Parisi Giuseppe, 1973, difeso dagli avvocati Antonio Larussa e Marco Ruga;
Liparota Giuseppe, 1959, difeso dagli avvocati Antonio Larussa e Renzo Andricciola;
Liparota Felice Antonio, 1983, difeso dagli avvocati Antonio Larussa e Fabrizio Sardella;
Liparota Gianfranco, 1984, difeso dagli avvocati Antonio Larussa e Francesco Gambardella
Gabriele Pasquale, 1991, difeso dagli avvocato Mario Incardona;
Gabriele Felice, 1963 difeso dagli avvocati Pasquale Ventura e Gregorio Viscomi.
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