C’è anche una società di Soverato nell’inchiesta condotta dalla DDA di Potenza e che ha portato alla scoperta di un illecito traffico di rifiuti tra l'Italia e la Tunisia: si tratta della “Ecomanagement s.p.a.” di Soverato.
Nell'inchiesta sono coinvolti intermediari, imprenditori, titolari di aziende di trattamento-recupero, società di intermediazione e funzionari pubblici. I reati ipotizzati sono quelli di traffico illecito di rifiuti, fittizia intermediazione di beni, gestione illecita di rifiuti e realizzazione di discarica abusiva e frode nelle pubbliche forniture. Dalle indagini è emerso che il traffico di rifiuti aveva come esito finale l'incendio dei rifiuti o il loro abbandono o interramento in Africa. Tutto basato su un contratto firmato il 30 settembre 2019, a Polla (Salerno), tra un società campana e un tunisina per il trasporto in Africa di 120 mila tonnellate di rifiuti.
Nel Paese nordaficano, nel 2020, sono arrivate dalla penisola 891 tonnellate di rifiuti stipati in 70 container.
16 gli indagati: tra questi, ci sono anche due funzionari della Regione Campania, uno dei quali è agli arresti domiciliari.
A carico del funzionario finito in manette, in un contesto di rapporti con le imprese coinvolte, sono contestate numerose omissioni nei controlli, sia con riferimento ai titoli alla spedizione transfrontaliera in possesso del produttore dei rifiuti, sia con riguardo alle Autorità tunisine investite e competenti al rilascio del nulla osta alla spedizione. Omissioni e condotte che, nel caso di questo funzionario, sono state ritenute, a livello di gravità indiziaria, un consapevole contributo all’illecito traffico di rifiuti.
"Vanno incrementate le attività preventive che non fanno capo all'autorità giudiziaria, ma alla pubblica amministrazione, ognuno deve prendersi le proprie responsabilità, l'autorità giudiziaria può reprimere i fenomeni, ma la prevenzione deve essere fatta dagli organi dello Stato e della Regione che devono autorizzare i soggetti a svolgere determinate attività".
Lo ha detto ai giornalisti il procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Potenza, Francesco Curcio, a margine della conferenza stampa sull'inchiesta che ha portato alla scoperta di un traffico internazionale di rifiuti speciali tra l'Italia e la Tunisia. Per Curcio, "è la dimostrazione di come gli 'animal spirits' del capitalismo vanno controllati perché per recuperare costi non si può pensare di trasformare i Paesi vicini in luoghi di smaltimento dei nostri rifiuti".
"Questo era in sostanza: per risparmiare circa la metà dei costi collegati a un corretto recupero e smaltimento dei rifiuti", ha spiegato il procuratore, "li si mandava in Paesi dove si sa che il rifiuto non può essere né recuperato né correttamente smaltito. Dal punto di vista legale - ha concluso - esistono gli strumenti e i trattati internazionali che lo impediscono, ma bisogna che questi strumenti e le regole vengano fatte osservare altrimenti, ancora una volta, abbaiamo alla luna".
Il complesso meccanismo individuato con l'inchiesta che ha portato alla scoperta di un traffico internazionale di rifiuti speciali tra l'Italia e la Tunisia, ha causato "conseguenti danni all'ambiente e alla salute dell'uomo". Lo ha evidenziato la Procura Distrettuale di Potenza, guidata dal procuratore Francesco Curcio, che ha ribadito "un preoccupante scenario di traffico transfrontaliero con elusione dei controlli sul ciclo dei rifiuti". Il trasferimento dei rifiuti all'estero sarebbe avvenuto, tra l'altro, violando le normative vigenti.
Il tutto sarebbe partito da un contratto di un anno per la gestione complessiva di 120mila tonnellate di rifiuti, coinvolgendo la società tunisina "Soreplast Suarl" e la società "Sviluppo Risorse Ambientali Srl" produttrice del rifiuto nell'impianto di Polla (Salerno).
Un ruolo particolare sarebbe stato svolto da due società di intermediazione, la "Ecomanagement Spa" di Soverato e la "GC Service" con sede in Tunisia. Nel corso indagini è stato possibile ricostruire anche che i macchinari necessari per giustificare le operazioni di recupero altro non erano che "un simulacro" composto da una vecchia pressa e un nastro di selezione, abbandonati in un capannone a pochi chilometri dalla città di Sousse in Tunisia.
Le indagini svolte proprio in Tunisia, dopo un servizio giornalistico, avevano portato al coinvolgimento di politici e alti funzionari di Stato, con il conseguente blocco di alcuni rifiuti che sarebbero dovuti arrivare sul territorio tunisino.
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