“Adesso hai scoperto che quella terra amara che ti aveva visto nascere e crescere comunque non dimentica i suoi figli, seppur inghiottita da quella ipocrisia che porta a far sentire apprezzati e accolti i propri figli solo dopo morti”
03 novembre 2022 16:19di WALTER RAUTI
Domani alle ore 15.00 presso il Santuario di Maria SS. Della Pietra di Chiaravalle Centrale, avranno luogo i funerali di Stefano Donato. Stefano Donato, di 32 anni, era un modello di Chiaravalle Centrale tragicamente scomparso a causa di un incidente in moto a Milano.
Ricordo bene l’ultima volta che ti ho incontrato: era la Milano Fashion Week nel giugno del 2019 e stavo parlando con delle persone, quando ti imponesti con il tuo corpo, con un bicchiere in mano, e fingendoti risentito per non averti riconosciuto, mi chiamasti con il nome di mio padre.
Ci misi qualche istante a riconoscerti poi, senza riuscire a mascherare lo stupore e la felicità di vederti lì, uno dei modelli più in vista di quella edizione, ricambiai il saluto chiamandoti anche io con il nome di tuo padre.
Non parlammo molto, ma ricordo bene che quando ti chiesi se ti trovassi bene, con semplicità mi rispondesti: “qui sono libero”.
Dopo esserci scambiati il numero e fatta quella solita promessa che di rado viene poi mantenuta di rivederci, fummo inghiottiti dai nostri reciproci impegni.
Mi è capitato di vederti negli anni su qualche copertina o in qualche pubblicità, e ho spesso pensato di scriverti o chiamarti, senza poi però mai farlo davvero.
Poi domenica mattina qualcuno ha deciso che quella sarebbe stato la tua ultima corsa in moto, e il tuo volto sarebbe rimasto giovane e bello per sempre. E un senso di vuoto ci ha avvolti tutti.
La tua storia, quella di un ragazzo nato e cresciuto in una terra avara di complimenti, che fa fatica a comprendere gli animi ribelli, intrisa di indivia e cattiveria, stava troppo stretta a un ragazzo che aveva come colpa principale quella di essere bello.
Hai sempre sentito opprimenti le regole di un contesto che giustifica con facilità delinquenti e criminali, ma poi condanna frettolosamente per pregiudizio quelli che vestono o vivono in modo differente.
Non hai mai sopportato l’arroganza e il sopruso di coloro che tendevano a imitare mafiosetti da quattro soldi, logorati dall’invidia e che avevano come unica arma la violenza e l’intimidazione.
Avrai però scoperto, con l’esperienza, che Milano fa sì sentire liberi, ma quella libertà ha il prezzo dell’invisibilità, della superficialità, dell’individualismo.
Adesso hai scoperto che quella terra amara che ti aveva visto nascere e crescere comunque non dimentica i suoi figli, seppur inghiottita da quella ipocrisia che porta a far sentire apprezzati e accolti i propri figli solo dopo morti.
Caro Stefano, mentre il tuo corpo torna a casa, diventi simbolo di un’intera generazione che non ha voluto scendere a compromessi, di una intera generazione che non ha voluto inginocchiarsi a dinamiche perverse, simbolo di una generazione che è partita per salvarsi, simbolo di una generazione che rinnega e che dimentica, simbolo di una generazione che fa fatica a costruirsi tutto da zero altrove, simbolo di una generazione senza più radici ma solamente origini.
Simbolo di quella generazione che fa fatica ad ergersi in piedi in un mondo che ti vuole mettere in ginocchio, hai dovuto dimostrare sempre qualcosa in più del dovuto per colpe non tue, per il semplice fatto di venire da una regione nota più per i suoi peccati che per i suoi miracoli. Hai dovuto farti forza da solo senza poter prendere fiato sentendoti protetto dall’affetto della tua famiglia.
Come tutta la tua generazione, hai dovuto espiare peccati che non avevi commesso tu, a dover faticare per ripagare debiti che non hai mai contratto, a dover faticare il doppio per sentirti dire di meritare la metà.
Su quella ex statale 35 che da Assago porta a Milano, dalla provincia porta alla città, con te siamo caduti tutti noi. Adesso si farà a gara per ricordare aneddoti, tirare fuori foto, mentre fino a qualche istante prima in pochi avranno esultato nel vedere i tuoi successi.
Ma non prendertela, alla fine sapevi anche tu che funziona così. Però, se puoi, perdonaci.
Perdonami di non aver fatto anche solo una telefonata per sapere come stai, e perdona questa generazione distratta che prende le distanze da coloro che facevano parte del proprio mondo fino a poco tempo prima.
Ora sei ancora più libero, e sono certo che appena arrivato lassù sarai andato a salutare tutti coloro che hanno deciso di lasciarci troppo presto, decidendo di rimanere giovani per sempre.
Il tuo funerale viene celebrato il giorno dedicato ai Caduti, e so che ci rideresti su, ma non posso non pensare che anche in questo hai scelto di essere simbolo di una generazione che fa le valige e muore lontano, come soldati post-moderni a combattere per una libertà individuale che fa fatica ad avere a casa propria.
Come soldati post-moderni “che stanno come d’autunno sugli alberi le foglie”, sperando di mantenersi in equilibrio e che il vento sia gentile.
Buon rientro a casa Stefano, grazie per aver risvegliato le coscienze di coloro che con sufficienza liquidavano le storie dei propri figli partiti a combattere una battaglia solitaria, di libertà, di coraggio, di determinazione arrogandosi magari il diritto di giudicare e denigrare crogiolati nelle proprie comodità.
Sono certo che Milano piangerà il tuo averla abbandonata troppo presto, mentre la tua terra piangerà un figlio amato e non capito che torna a casa.
Qualcuno ti dimenticherà, altri ti ricorderanno a modo loro, altri ancora terranno la tua storia un po’ nel cuore e un po’ nella mente come monito e simbolo di una generazione tradita e non capita che forse, in fondo, desidera solo non sentirsi abbandonata.
Arrivederci Stefano, ci rivedremo un giorno ma nel frattempo, se hai voglia, prega per noi.
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