di TERESA ALOI
A Montepaone splende il sole. Lì, in quella villetta che guarda al mare, si respira aria di Natale. Il grande abete illuminato, i doni che aspettano di essere scartati, il piccolo presepe, sono gli stessi da tanti anni.
Sono passati 60 anni da quel 23 dicembre quando, alle 7:45, sulla linea delle Calabro Lucane, dal treno si stacca un rimorchio, esce dal binario e precipita da un viadotto terminando la sua folle caduta nel greto del torrente Fiumarella. 71 le vittime, 28 i feriti: dei morti, ben 31 erano di Decollatura, quasi un pezzo di paese cancellato. I ricordi, seppure lontanissimi, tornano a far tremare il cuore. Sono ricordi in bianco e nero: nero, come il piombo dei titoli che, per giorni e giorni, riempirono le cronache nazionali.
Oggi, Sandro Panucci ha 79 anni. Vive a Montepaone con la moglie, dopo aver dedicato una vita al lavoro. Nel 1961 aveva 19 anni. Viveva a Decollatura - il suo papà lavorava a Soveria Mannelli all'ufficio imposte - e frequentava l'istituto per Geometri a Catanzaro.
Di quella mattina ricorda tutto. Quando le immagini scorrono negli occhi e nella mente, la sua voce trema: segno che quella tragedia fa ancora male. Molti di quei morti erano suoi compagni, con cui divideva sogni e speranze. Quel treno su cui viaggiavano ogni mattina era il loro lasciapassare per un futuro non solo sognato.
Lui è sopravvissuto. La medaglia "Premio notte di Natale", di cui è stato insignito il 7 gennaio '62 a Milano, custodita gelosamente nel suo studio accanto alla cartella con su scritto a penna "Fiumarella", glielo ricorda ogni giorno. Le foto dei compagni che non ci sono più, quei sorrisi spalancati sul mondo, immortalati davanti al cancello della scuola: ci sono tutti. O meglio, di loro non restano che ritagli di giornali e foto del disastro.
Quella mattina di 60 anni fa il cielo sopra la Fiumarella era grigio e faceva freddo. L’aria frizzantina che anticipava di qualche ora il Natale entrava sotto cappelli e sciarpe. Nulla, in confronto alla felicità di prendere le vacanze di Natale.
"Presi il treno a Soveria Mannelli - ricorda Sandro - ed entrai nella motrice perché era riscaldata: poi, alle varie fermate, gli altri ragazzi salivano e si sistemavano nel carrello". Il destino, a volte, prende le decisioni al posto tuo.
Resta lì Sandro, pigiato allo sportello con gli occhi incollati al finestrino. "Ricordo la velocità del treno e - spiega - capii subito che qualcosa non andava". I ragazzi, quei chilometri li conoscevano bene: sapevano dove il treno poteva "spingere" e dove invece doveva rallentare.
"Ho visto il carrello oscillare prima a destra e poi a sinistra, senza fare più ritorno: era crollato, si era staccato dalla motrice che, al contrario, si è fermata".
Sono le 7,45 del 23 dicembre del 1961. Sul viadotto della Fiumarella il rimorchio deraglia dal binario e, a causa della rottura del gancio di trazione di tipo tranviario, staccandosi dall'automotrice, precipita nel torrente sottostante dopo un volo di circa 47 metri.
Sandro è nella motrice e qualche attimo dopo è lì accanto a quell'ammasso di lamiere e corpi. "Bisognava far presto per liberare i ragazzi". Per strapparli alla morte. Il suo impegno, il suo coraggio, la sua generosità, gli varranno quella medaglia custodita come una reliquia. Aiuta i soccorritori a mani nude e poco importa se le acque del torrente sono gelide. "Bisognava solo far presto" riipete più di una volta.
Sarà quella stessa motrice a fare la spola con l'ospedale per trasferire i feriti. In uno degli ultimi viaggi in quella motrice c'era anche Sandro. "Ricordo che viaggiai con una ragazza che mi teneva stretto a sè. Poi, mi svegliai in ospedale con accanto mio padre".
Molti dei suoi compagni non c'erano più. Altri, si erano salvati e anche grazie a lui. Altri, ancora, quella mattina lo aspettavo in classe.
"Si chiamava l'appello come tutte le mattine nella mia classe all'Istituto " B.Grimaldi", quando ci giunse la notizia del disastro. Nella mia classe mancava Sandro Panucci, che arrivava ogni giorno da Soveria Mannelli col trenino.. Sandro si salvò e passò tutto il giorno nella Fiumarella a soccorrere fra grida e pianti i feriti, suoi amici, suoi compaesani, suoi compagni d'Istituto", scrive Lino Palmerino. Un ricordo che ancora oggi fa male al cuore.
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