di CARLO MIGNOLLI
In vista dell'Assemblea Mondiale della Sanità del prossimo maggio, giuristi provenienti da diverse realtà culturali e politiche d'Italia, hanno espresso profonde preoccupazioni riguardo al "Trattato Pandemico" dell'OMS. A tal proposito, hanno presentato una petizione che prende il nome di “Manifesto sul Trattato Pandemico”.
Il testo in esame, redatto da professionisti impegnati nelle aule di giustizia italiane, sottolinea la criticità dei contenuti del progetto, che mira a istituire un governo sanitario mondiale. Non limitandosi alla gestione delle pandemie, il progetto OMS interviene su varie emergenze sanitarie internazionali, con implicazioni legali e politiche significative.
Tra le proposte di emendamento, vi sono disposizioni che renderebbero le raccomandazioni dell'OMS legalmente vincolanti, amplierebbero l'ambito di applicazione dei regolamenti sanitari internazionali e permetterebbero la condivisione di informazioni sensibili con organizzazioni private.
Ne abbiamo parlato in maniera più approfondita con il Dottor Giuseppe Bianco, magistrato e Sostituto Procuratore della Procura di Roma, che, per l’occasione, si è soffermato anche sul Digital Act Service (DSA), argomento trattato dallo stesso nel suo intervento presso la Camera dei Deputati l’11 marzo 2024.
Il Digital Service Act è il nuovo regolamento adottato dalla UE contro il cosiddetto Far West digitale; il progetto di trattato OMS, la cui approvazione sarebbe fissata per il prossimo maggio, servirebbe invece a potenziare la lotta alle pandemie. Ci sono caratteri giuridici che lei – vista la sua professione – trova innovativi?
“Le due normative riguardano temi differenti, come lei dice bene. Il DSA è già in vigore. Quello dell’ OMS è un progetto. Non sono gemelli siamesi, ma sono imparentati da un capostipite comune, cioè un metodo di creazione normativa che mi sembra più neofeudale che innovativo e rischia di produrre effetti tellurici sul nostro assetto costituzionale e non solo”.
Quali sono i suoi principali motivi di preoccupazione?
“Nell’epoca della tecnocrazia, i tradizionali luoghi del dibattito politico sono esautorati e le normative vengono calate dall’alto senza discussione pubblica. Intendo piazze, assemblee, scuole, come avveniva negli anni ‘70 fino agli anni ‘90. Tutto si svolge in uffici periferici e funzionariali. Questi due temi sono stati coperti da un sostanziale disinteresse dei media tradizionali. A noi del volgo spediscono il prodotto finale, con qualche servizio televisivo di accompagnamento che descrive la cosa come un grande progresso. Sia il DSA che il progetto OMS danno molta importanza alla cosiddetta lotta alle fake news. Il punto critico è che la definizione delle fake news è così lasca da mettere a rischio il libero dibattito democratico, che ormai avviene più in rete che sui canali ufficiali. La domanda è: cosa è di preciso la “informazione deviata“ di cui parla per esempio il DSA? Chi decide cosa sono le fake news? E se i contenziosi finiscono sul tavolo di noi magistrati, quali parametri applicheremo? Dove finisce il diritto di critica on line e dove comincia la cosiddetta “informazione deviata“? Per giunta, nel caso del DSA le piattaforme private on line sono direttamente incaricate dei poteri censori ed operano sotto le direttive della commissione UE, che è un organismo non eletto”.
Questi sono gli svantaggi, secondo lei, associati all'implementazione del DSA?
“Ci sono principi non negoziabili: le forme di limitazione della libertà, come la nostra costituzione insegna, devono essere molto precise e rimesse esclusivamente alla politica, come espressione del principio di rappresentanza popolare. C’è un problema di bilanciamento. Vale più la difesa del libero dibattito o la lotta ai truffatori? Il premio Nobel Konrad Lorenz diceva che per tecnocrazia si intende un sistema di governo che considera tutelabili solo quegli interessi traducibili in un linguaggio numerico gestibile dall’intelligenza artificiale. Ma il linguaggio matematico è rigido e procede per soppressione, non per bilanciamento. In un sistema tecnicistico gestito da funzionari non eletti la libertà di parola non è molto traducibile in valori matematici. Per questo progressivamente sta sparendo. Per questo aumenta la censura su internet, in una situazione in cui i mezzi di comunicazione di massa sono gestiti esclusivamente da monopoli privati”.
Qual è la sua valutazione generale sulla petizione presentata dall'Unione Italiana Forense riguardo al trattato pandemico proposto dall'OMS? Gli avvocati si propongono di raggiungere almeno 1000 firme prima della firma del trattato OMS.
“La petizione è ancora in corso su change.org. Anche io ho aderito. È una occasione di riflessione critica su di un tema enorme ma oscurato”.
Quali sono, secondo lei, gli emendamenti più critici e quali potrebbero essere le loro implicazioni legali e sociali?
“Tantissimi. Per esempio l’art 9 della bozza: agli inizi del 2019 il Covid fu attribuito alle zoonosi, cioè al rapporto con il mercato del pesce di Wuhan oppure con pangolini, pipistrelli e affini. Grazie al Times abbiamo invece scoperto che vi sono anche i cosiddetti “esperimenti Chimera” basati sul “guadagno di funzione“, ovvero esperimenti in cui dei virus con forza patogena ridotta vengono potenziati e resi artificialmente micidiali. Oggi sappiamo che negli USA simili esperimenti prima erano stati vietati, poi erano stati ammessi, ma solo con forti protocolli di sicurezza e poi ancora erano stati privati dei finanziamenti pubblici. Ora, archiviato il pangolino, apprendiamo dal solito Times che il virus è fuggito dal laboratorio di Wuhan e che proprio a Wuhan si facevano esperimenti Chimera. Eravamo tutti convinti che ora questi studi sarebbero stati proibiti e basta. Invece l’art 9 del progetto OMS incredibilmente li autorizza e ne rende possibile il finanziamento pubblico e privato. Si parla esplicitamente di “alterazione genetica degli organismi per aumentarne la patogenicità e la trasmissibilità“. Insomma, è il paradosso di un trattato che attribuisce totalmente le pandemie alle zoonosi e cancella il pericolo del guadagno di funzione, un trattato che nasce per impedire le pandemie e invece ne sdogana le cause”.
Cosa pensa dell'idea di rendere le raccomandazioni dell'OMS legalmente vincolanti e quali potrebbero essere i rischi associati a questa proposta?
“I rischi sono connessi all’ulteriore svuotamento della sovranità nazionale. Dopo avere perso il controllo della politica economica, ora rischia di saltare anche quello della politica sanitaria, che sarà gestita da una OMS in pieno conflitto di interesse. È bene sapere che gli stati finanziano l’OMS solo per il 14%, il resto proviene da donazioni volontarie e da privati. Al primo posto c’è la Fondazione Gates. Se cosi è, l’OMS può davvero fare l’arbitro indipendente rispetto agli interessi delle multinazionali private che la finanziano? Gates sarà pure un filantropo, ma in democrazia la neutralità degli arbitri è importante”.
Altri emendamenti critici?
“L’ altro punto critico è il concetto di One Health, di cui parla l’ art 18, che riconnette le malattie ad un derivato di fattori animali ed ambientali. Secondo questa logica, il cosiddetto “cambiamento climatico” sarebbe una causa pandemica importante. Al di là del fatto che lo stesso concetto di climate change è fortissimamente controverso in campo politico e scientifico, la cosa importante è che il trattato, data per scontata una premessa che scontata non è, impone ai singoli stati di censurare la disinformazione in materia, ancora una volta senza spiegare cosa sia la disinformazione. Anche questo è un elemento di parentela con il DSA. La domanda è: chi non accetta la tesi del cambiamento climatico, fa disinformazione e va censurato? Chi ha dubbi sulla efficacia di un farmaco imposto dall’OMS, fa disinformazione e va censurato? Se una simile normativa fosse stata in vigore all’epoca del Covid, i dubbi sul vaccino Astrazeneca sarebbero stati censurati come disinformazione. Ora ci sono dei processi aperti sugli effetti del vaccino. Ai suoi lettori calabresi ricordo che nella Calabria anni ‘60 ci furono vari casi di bambini focomelici dovuti al Talidomide, un farmaco che veniva prescritto alle donne in gravidanza. Se ci fosse stata una norma di questo tipo, nessuno avrebbe potuto sollevare dubbi su nessun farmaco prescritto dall’autorità medica”.
Come si potrebbero promuovere la partecipazione pubblica e il dialogo democratico, al fine di garantire un processo decisionale più inclusivo e rappresentativo?
“La democrazia umanistica come l’abbiamo conosciuta è incompatibile col sistema dominante, prigioniero di tecnici non eletti, sganciati da ogni collegamento con l’orientamento popolare. L’opinione pubblica magari non sa nulla del DSA o dei poteri della burocrazia UE, ma avverte intimamente che i luoghi tipici della democrazia, come i parlamenti, oggi sono privi di vero potere negoziale davanti ai Moloch sovranazionali o alle multinazionali private. Passa anche di qui l’astensionismo crescente: in Italia l’affluenza è passata dal 90% nel 1948 al 60% scarso nell’ultimo voto. E va a scendere”.
Nella petizione si spera che il trattato “venga corretto e modificato, se non addirittura abbandonato”. Se così non fosse, quali azioni ritiene necessario intraprendere per garantire che gli emendamenti proposti rispettino i principi della Costituzione Italiana e della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea?
“Bisogna fare sapere le cose. Discuterne, parlarne. Come stiamo facendo ora io e lei. C’è una insofferenza crescente sull’agonia di un sistema democratico lasciato in balia di oligarchie tecniciste senza legittimazione popolare, a cui probabilmente interessa più di sé stesse che dei bambini focomelici calabresi degli anni ‘60”.
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