Tulelli: "L'educazione all’affettività e al rispetto di genere, una necessità per crescere liberi"

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Tulelli: "L'educazione all’affettività e al rispetto di genere, una necessità per crescere liberi"
Rita Tulelli, presidente dell'associazione "Universo Minori" di Catanzaro
  29 giugno 2025 13:19

di RITA TULELLI

In un mondo sempre più interconnesso e complesso, parlare di educazione all’affettività e al rispetto di genere non è più una possibilità facoltativa, ma una responsabilità concreta che la società ha nei confronti delle nuove generazioni. Molti giovani crescono oggi immersi in messaggi contrastanti, che ricevono da social media, televisione, famiglia e scuola, spesso privi di una guida che insegni loro a riconoscere e rispettare le proprie emozioni, il proprio corpo e quello degli altri. L’educazione all’affettività non riguarda solo la sfera sessuale, ma tocca il cuore delle relazioni umane: significa imparare a gestire i sentimenti, a comunicare con empatia, a conoscere i propri limiti e quelli dell’altro; a capire che il consenso non è una formalità, ma la base di ogni relazione sana. Significa crescere con la consapevolezza che amore e possesso non sono la stessa cosa, che la gelosia non è un gesto romantico, ma può essere un campanello d’allarme. Parlare di rispetto di genere, nelle scuole, nelle famiglie e nei contesti educativi, significa combattere stereotipi che ancora oggi pesano come macigni sulla libertà dei ragazzi e delle ragazze. Basta guardarsi intorno per accorgersi di quanto certi ruoli di genere siano ancora radicati nelle aspettative sociali: i maschi forti e dominanti, le femmine dolci e accudenti, le persone che non rientrano in queste categorie spesso ignorate, o peggio, discriminate. Educare all’identità di genere vuol dire invece riconoscere la pluralità delle esperienze umane, valorizzare ogni individuo per quello che è e non per quello che si crede debba essere. Significa creare uno spazio in cui ciascuno possa sentirsi accolto, ascoltato, rispettato, al di là del proprio orientamento sessuale, della propria espressione di genere, del proprio vissuto. Una società che sa includere è una società più giusta, più sicura, più felice. L’urgenza di affrontare questi temi si riflette nei dati sulla violenza di genere, che continuano a essere allarmanti. E non si tratta solo di casi estremi, come femminicidi o aggressioni fisiche, ma anche di violenze più sottili, più difficili da riconoscere, come la manipolazione psicologica, il controllo, il ricatto affettivo: tutte forme di abuso che spesso iniziano nei rapporti tra adolescenti e che si radicano proprio nella mancanza di un’educazione sentimentale adeguata. Prevenire la violenza significa partire da lontano, educare fin da piccoli al rispetto dell’altro, alla libertà, alla parità. Significa dotare i ragazzi di strumenti emotivi e culturali per riconoscere i segnali di un amore malato, per distinguere tra affetto e possesso, tra cura e controllo, per imparare che amare vuol dire anche lasciar liberi. Molti docenti, associazioni e professionisti si stanno già muovendo in questa direzione, ma serve una spinta più forte. Serve il coraggio delle istituzioni di inserire stabilmente l’educazione all’affettività e al rispetto di genere nei programmi scolastici, non come un’attività extracurricolare o un intervento sporadico, ma come parte integrante della formazione di ogni cittadino e cittadina. Solo così potremo davvero costruire un futuro in cui i giovani sappiano amare senza paura, conoscersi senza vergogna, rispettarsi senza eccezioni. Perché educare ai sentimenti significa, in fondo, educare alla vita.

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner