Tulelli: "Reati informatici commessi dai minori: tra inconsapevolezza e responsabilità"

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images Tulelli: "Reati informatici commessi dai minori: tra inconsapevolezza e responsabilità"
Rita Tulelli
  06 settembre 2025 08:52

di RITA TULELLI

 Negli ultimi anni l’universo digitale è diventato lo spazio privilegiato di socializzazione, apprendimento e svago per bambini e adolescenti. Se da un lato internet offre opportunità straordinarie, dall’altro espone i più giovani a rischi, non solo come vittime, ma anche come autori di condotte illecite. Tra i reati informatici commessi dai minori, emergono in particolare tre fenomeni: hacking, phishing e revenge porn. L’hacking, ovvero l’accesso abusivo a sistemi informatici, attira spesso i ragazzi per curiosità, desiderio di sfida o ricerca di notorietà. Non di rado, infatti, adolescenti con buone competenze informatiche tentano di violare account di social network o piattaforme di gaming. Quello che viene percepito come un “gioco” può però costituire reato penale (art. 615-ter del Codice penale ), con conseguenze anche gravi. Il phishing consiste nell’indurre la vittima a fornire dati sensibili  come password o numeri di carte di credito  attraverso messaggi ingannevoli o siti contraffatti. Alcuni minori, spesso senza piena consapevolezza della gravità del gesto, possono riprodurre tecniche apprese online per sottrarre credenziali a coetanei o sconosciuti. Si tratta però di una forma di truffa informatica (art. 640-ter c.p.), punita dalla legge. Tra i reati più allarmanti vi è la diffusione non consensuale di immagini o video intimi, noto come revenge porn. La legge n. 69/2019 (“Codice Rosso”) ha introdotto l’art. 612-ter c.p., che punisce severamente questa condotta. Anche quando a compierla sono minori, il danno alla vittima è devastante: umiliazione pubblica, isolamento sociale, conseguenze psicologiche permanenti. In Italia la responsabilità penale inizia a 14 anni: sotto questa soglia, i minori non sono imputabili, ma possono comunque essere coinvolti in procedimenti civili o subire interventi dei servizi sociali. Oltre alla responsabilità diretta, anche i genitori possono essere chiamati a rispondere in sede civile per i danni causati dai figli. La repressione da sola non basta. È fondamentale promuovere tra i giovani una vera educazione alla legalità digitale, che comprenda:

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  • programmi scolastici sull’uso consapevole delle tecnologie;
  • attività di sensibilizzazione sui rischi penali e psicologici;
  • supporto alle famiglie nel monitorare e guidare l’attività online dei figli.

I reati informatici commessi dai minori  hacking, phishing, revenge porn rappresentano una sfida complessa, in cui si intrecciano aspetti giuridici, sociali ed educativi. La soluzione non sta solo nella sanzione, ma nella capacità di accompagnare i ragazzi a un uso maturo e responsabile della rete, trasformando il digitale da terreno di rischio a spazio di crescita e opportunità.

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