di Teresa Aloi
Per tutti era u Ciaciu. Al secolo Saverio Rotundo, se n’è andato all’età di 96 anni. dopo un lungo periodo di degenza a causa di una brutta caduta. Con lui va via un simbolo del capoluogo , un uomo, un artista, che ha saputo trasformare in arte il ferro vecchio e non solo, conquistando premi e riconoscimenti internazionali che hanno fatto conoscere la città di Catanzaro nel mondo.
Come dimenticare, infatti, il tributo di Vittorio Sgarbi che lo definì “la cosa più fantasiosa di tutta la Calabria, l’ultima delle meraviglie”. Il suo carretto stracolmo di pezzi di ferro e cianfrusaglie varie che rinascevano a nuova vita sotto le sue mani sono sempre lì. Come la sua sedia, osservatorio privilegiato da dove scorgere e analizzare pregi e difetti di una città che lo ha amato quell’enorme cavallo di ferro che sembra guardati “allestito” lì sulla sua via Poerio crocevia per chi esce ed entra nel cuore cittadino. Lì, dinanzi il Complesso Monumentale del San Giovanni. Lì, accanto alla sua dimora. Fin da bambino aveva imparato l’arte di modellare il ferro frequentando la bottega di un fabbro. Così bene da esporre anche a Expo 2015.
Camice blu, paglietta in testa, camicia a fiori. Sempre lì circondato dal suo amato ferro. Perché lui il ferro ce l’aveva nel sangue. La sua opera più bella, quella che lo aveva emozionato di più, la statua di Mussolini, emigrata al Nord. Nel suo studio lampadari, tele, sedie, sculture. Scale, valigette, arnesi, scalpelli. Tutto rinasceva a nuova vita. Riciclare perché tutto diventi arte il suo motto, la sua filosofia di vita. Quella vita vissuta intensamente, mai sopra le righe. Al contrario timido e riservato. Innamorato del centro storico, dei vicoli, dei profumi della città, di quella parte più profonda, a molti sconosciuta. Lui, sopravvissuto alla guerra mondiale non pretendeva nulla. Né da lui stesso né dai suoi concittadini. Un grande esempio di umiltà al quale la città tutta ha reso omaggio.
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